(U. Trani) – «La guerra mi ha reso più forte». Questa frase di Edin Dzeko, nuovo centravanti della Roma, fece il giro del pianeta e arrivò fino al Maracanà. Nello stadio di Rio, lui e la sua Bosnia hanno debuttato il 15 giugno 2014 nel mondiale, competizione mai vista prima, contro l’Argentina di Messi. Ma, entrando in campo, all’attaccante tornò in mente il 1992, l’infanzia vissuta in strada tra le macerie e sotto i bombardamenti per il conflitto nella ex Jugoslavia: «I sogni come vedete si avverano: porterò con me in Brasile tutti gli amici, anche quelli che non ci sono più. Guardandomi indietro ho due scelte: pensare di aver buttato via anni di spensieratezza, quelli che sono dovuti ai bambini e ai ragazzi, oppure pensare che quello che è successo mi ha fortificato. Ho preferito la seconda». Perché non ha mai rinunciato alla sua grande passione, così come sua sorella Merima è riuscita alla fine a fare la giornalista. «Anche se il calcio non può risolvere problemi tanto grandi, può aiutare a non farti pensare». Per la verità mamma Belma lo cercava (e spesso non lo trovava) durante il giorno quando nel cielo di Sarajevo volavano le bombe e ovunque si sentivano gli spari dei cecchini. Lui si nascondeva, con il suo pallone. «Abbiamo vissuto nell’incubo, sapendo di poter morire in qualsiasi momento. Sì, ho avuto tanta paura».
TIFOSO ROSSONERO Dzeko aveva 6 anni e tifava Milan (era quello di van Basten, non a caso), quando cominciò l’assedio nella sua città che, insieme con la sua famiglia, ha dovuto lasciare, la casa distrutta e non più utilizzabile, spostandosi un pò per tutto il paese per evitare il peggio. «Spesso senza avere niente da mangiare». Oggi nella sua terra è l’idolo assoluto proprio tra i ragazzini. Il 70 per cento delle maglie vendute della nazionale hanno sulle spalle il suo numero 11 e il suo cognome. Per i 42 gol in 72 partite, ma ancora di più perché lui è cresciuto lì, durante quell’orribile conflitto. Da un anno, è anche capitano.
INIZIO DA MEZZALA L’altezza, 193 centimetri, non lo ha mai penalizzato. Soprattutto non ne ha mai limitato la tecnica. Dzeko di classe ne ha tanta. Purissima. In partenza, nelle giovanili dello Zeljeznicar e presto in prima squadra, giocava da centrocampista proprio per la sua capacità di usare i due piedi e avere una discreta visione di gioco. Restando lontano dalla porta, pochi gol, 5, in 40 partite. A 19 anni il cambio di ruolo, quando si trasferì in Repubblica Ceca al Teplice che inizialmente lo girò in prestito all’Usti nad Labem, club di seconda serie dove giocò poco, 15 partite, realizzando comunque 6 reti. La svolta nel gennaio 2006: tornò al Teplice, dove restò per un anno e mezzo, e l’anno successivo lo nominarono il miglior straniero del torneo grazie ai 13 gol in 30 partite.
UBER ALLES Felix Magath fu bravo a rendersi conto di quanto le qualità tecniche e realizzative di Edin avrebbero fatto la differenza in area di rigore. L’ex campione dell’Amburgo lo scelse per il Wolfsburg, spendendo 4 milioni nell’estate del 2007. In Germania Dzeko ci mette poco a diventare protagonista. Impara in fretta il tedesco (parla anche il ceco e l’inglese) e, dopo la prima stagione di assestamento con 9 reti, si scatena nella seconda. Sono 36 i gol in 42 partite, 26 in Bundesliga. Il Wolfsburg vince il titolo e la coppia di attaccanti entra nella storia del campionato tedesco: il bosniaco e Grafite, rispettivamente 26 e 28 reti, battono il record di Muller e Hoeness che resisteva dal ’73 e diventano il tandem più prolifico di sempre. Edin è ancora il miglior calciatore del torneo e France Foootbal lo inserisce tra i 30 candidati per il Pallone d’oro. L’anno dopo con 22 gol è il capocannoniere della Bundesliga.
TOP PLAYER Nel gennaio del 2011 Roberto Mancini lo chiama a Manchester. Il Wolfsburg fa una plusvalenza mostruosa, ricevendo 35 milioni di euro dal City. Anche Dzeko va alla cassa: lo stipendio è quello dei big, più di 8 milioni euro. Come in Germania, anche oltremanica fa centro nella seconda stagione (nella prima comunque alza subito la Coppa d’Inghilterra). I Citizens vincono il campionato dopo 44 anni. Ma l’annata migliore è la quarta: 26 reti tra Premier e coppe, vincendo ancora il campionato. Quella dell’addio, è invece la peggiore: solo 6 reti. Il rapporto con Manuel Pellegrini proprio non va A Stoccarda, due giorni fa in amichevole, probabilmente il suo ultimo gol con il City.
FINALMENTE l’ITALIA La serie A gli piaceva da piccolo, mentre crescendo il nostro torneo lo aveva scartato. «Prima da voi c’erano i migliori giocatori, uno spettacolo. La Premier League non era così popolare, aveva un fascino molto minore. Adesso è tutto diverso. La percezione che abbiamo del campionato italiano è negativa. Troppi scandali, stadi vecchi e poco sicuri. E’ questa l’immagine del vostro Paese che arriva da noi. Ma chissà se un giorno farò anche questa esperienza. Anche se il mio amico Miralem mi parla sempre bene della Roma». Già, Pjanic è quello che ha lavorato per primo alla trattativa . E con il centrocampista giallorosso, anche Silvano Martina, oggi 62 anni e per 20 portiere affermato in A e in B, prima di diventare il procuratore di Gigi Buffon.
PJANIC E MARTINA Martina è nato a Sarajevo come Dzeko ed è grande amico del papà di Edin, il signor Midhat, in passato calciatore professionista pure lui. I due hanno giocato insieme. Così è stato l’ex portiere, passato dalla capitale alla fine degli anni Ottanta per giocare nella Lazio, a convincerlo ad accettare la proposta della Roma. Sono almeno 2 mesi che il padre del centravanti ha stretto la mano a Sabatini, garantendogli che il figlio avrebbe indossato la maglia giallorossa. Pjanic, invece, ha tenuto aperti i contatti con Trigoria nei momenti più delicati. E consiglierà all’amico di andare a vivere al Torrino dove abita lui. Anche Amra Silajdzic, la sua compagna, è stata d’aiuto nella decisione finale: modella e attrice, sa bene che Roma e l’Italia li faranno felici. Almeno quanto lo sono Garcia e i tifosi giallorossi.