(M.Vitelli) – Joe Hart, l’estremo difensore del Manchester City, si rialza giusto in tempo per smanacciare il pallone e spingerlo fuori dalla porta. Il rigore calciato «a cucchiaio» che lo aveva fatto diventare un eroe il giorno di Capodanno del 2013 regalando al CSKA Mosca la coppa nazionale contro la superpotenza Anzhi di Samuel Eto’o, questa volta lo ha tradito. È il 22 luglio 2015. Per uno strano scherzo del destino è l’anniversario della nascita della A.S. Roma. La storia di Seydou Doumbia in giallorosso si chiude qui, tra gli insulti, l’ilarità e gli sberleffi. Gli stessi che lo avevano accolto quando, con la maglia dei moscoviti, era «svenuto» all’Olimpico davanti a De Sanctis fallendo un contropiede facile.
Così, mentre i Citizens alzano l’International Champions Cup nel cielo di Melbourne, lui abbassa la testa e vede scorrere in pochi istanti il film di tutti gli otto mesi trascorsi nella capitale italiana. Pieni solo di delusioni, di incomprensioni e di prestazioni, anche per colpa di un infortunio alla schiena mai risolto pienamente, quasi sempre sotto la sufficienza. Un’avventura iniziata male, malissimo, con la prova scadente messa in campo nel match casalingo contro il Parma «in liquidazione» di Roberto Donadoni. È appena sbarcato a Roma insieme al connazionale Gervinho dopo aver trionfato in Coppa d’Africa. Rudi Garcia decide di puntare sull’entusiasmo della coppia che, invece, stanca e appagata, ha lasciato testa, gambe e cuore nel Continente Nero. Gervinho, in credito con il pubblico giallorosso per la sua prima stagione esaltante, viene perdonato. Ma lui è il Seydou sbagliato, non Keita che con il Barcellona ha alzato tanti trofei insieme a Messi, Xavi, Iniesta e tutta la banda Guardiola.
Al momento del cambio piovono fischi. Preventivi, perché non s’era mai visto un giocatore fischiato da tutto lo stadio all’esordio. La tifoseria, che sperava in altri acquisti, lo punta e non gli perdona più neanche uno stop sbagliato. Il suo dramma calcistico si compie a San Siro. È il 25 aprile 2015, la Roma sta perdendo contro l’Inter 1-0. Rudi Garcia lo chiama dalla panchina, serve una scossa in attacco per cercare di trovare quantomeno il pareggio. L’ivoriano s’incammina stancamente verso la bandierina del calcio d’angolo, accenna qualche impercettibile movimento. Poi, mani sui fianchi, si aggiunge agli spettatori. «Ma glielo aveva chiesto Garcia di rallentare» verrà spiegato dopo. Quando al 18esimo della ripresa Nainggolan fulmina Handanovic e fa 1-1, lui partecipa ai festeggiamenti con poco entusiasmo.
Tutta la scena viene ripresa con un telefonino da un supporter della Roma che preferisce concentrarsi su Doumbia piuttosto che sulla partita. E, impietosamente, il giorno dopo la sconfitta (gol di Icardi nel finale) pubblica il video sul web. Bufera. La tifoseria romanista chiede a gran voce che vengano presi provvedimenti seri contro il giocatore, molti non vogliono più vederlo indossare la casacca giallorossa. Ma il calcio regala spesso delle sorprese clamorose: quattro giorni dopo i capitolini sono di nuovo in campo. Al Mapei Stadium di Reggio Emilia c’è da affrontare il Sassuolo dell’ex Di Francesco. Durante il riscaldamento, Keita, il Seydou amato e stimato, si blocca. Garcia ridisegna la squadra, Doumbia diventa titolare. Al sesto minuto Pjanic crossa in area, Acerbi è fuori posizione. Sansone prova a rimediare ma l’ivoriano stacca in anticipo e di testa supera Consigli. È la sua prima rete con la Roma, e sarà anche la penultima. L’altra, da opportunista d’area qual era fino a pochi mesi prima, arriva la partita successiva contro il Genoa all’Olimpico. Poi il buio.
Troppo poco per meritarsi la conferma. Ma il suo passato racconta un’altra storia. Prima della «condanna» di Roma, Doumbia ha sempre fatto la sua parte. Fin dai tempi dell’esordio tra i professionisti: 34 reti in 33 partite con l’A.S. Athletic d’Adjamé nel 2004. E poi le stagioni allo Young Boys dove, tra il 2008 e il 2010, insacca cinquanta palloni in sessantaquattro gare. E quelle al CSKA Mosca, sessantuno reti in novantacinque match. Mentre la Roma lo trattava, i media inglesi raccontavano dell’interesse di Liverpool, Chelsea e Tottenham pronte a spendere 20 milioni di sterline per averlo.
Nella terra degli zar ha lasciato un così bel ricordo che ora lo rivogliono. Lunedì l’ufficialità. Doumbia svuota l’armadietto di Trigoria e torna nella capitale russa con un contratto di cessione a titolo temporaneo, fino al 4 gennaio 2016, per un corrispettivo di un milione di euro. Sarà già in panchina nel derby contro lo Spartak, poi giocherà il playoff di Champions contro lo Sporting Lisbona. Nel suo orizzonte, però, c’è la Cina. I contatti per il trasferimento a titolo definitivo al Beijing sono ben avviati. In attesa di conoscere il suo futuro, intanto, Doumbia torna al passato. Nella capitale russa lo attende la maglia numero 88, la stessa che aveva lasciato a gennaio. Tutto come se la Roma non fosse mai esistita. C’è da immaginare che, al suo primo risveglio nella vecchia casa, penserà di aver fatto solo un brutto incubo.