(E. Sisti) All’attacco di facce nuove gridano facce sognà. Tutti guardano nella stessa direzione, tutti ad ammirare i volti del nuovo dirompente reparto offensivo giallorosso, un esercito della bellezza a tattica variabile. Quest’anno Garcia può davvero cambiare modulo, davvero può affidare compiti diversi a uno stesso giocatore senza pentirsene un minuto dopo (lo scorso anno solo Florenzi era “multitasking”), potrebbe davvero vincere le partite con la sua dorata panchina.
«Però sia chiaro che il nostro obiettivo, rimane la qualificazione in Champions». Vola basso, il francese. Non parla di scudetto, come lo scorso anno a dicembre, la Roma non parte favorita, come lo scorso anno ad agosto, benché allora ci fosse Destro e adesso c’è Dzeko, allora un Gervinho scarburato e adesso Salah. Fa bene, Garcia. Volando basso si sfugge ai radar, solo ritrovando l’umile determinazione e il calcio zen di due anni fa si può sfuggire alla Juventus e battere il Verona («la Roma è di un altro mondo», chiarisce Mandorlini). Roma è una città che sguazza nelle sue congenite scontentezze. Garcia l’ha capito e non eccede più in proclami, salvo poi aggiungere, nemmeno fosse Marc’Aurelio: «Il destino di Roma è vincere». La Roma del pallone non è quella imperiale, non ha mai avuto un destino vincente, ha vinto pochissimo e la sua storia è piena di gioie fugaci e di inestirpabili infelicità. Il vero destino della Roma si racchiude in una grande aspirazione collettiva: che la passione possa un giorno portare in paradiso, e lì sentirsi a casa, e da lì poter cantare fieri a quelli di sotto: «Ehi, io ho vinto 7 scudetti!».
Dzeko è il primo centravanti dai tempi di Batistuta: il paradiso si avvicinerà? Se Salah non lo prende nessuno, il paradiso a che punto è? «Ma anche gli altri devono entrare in area di rigore e non è detto che Dzeko e Totti non possano convivere». La luce dell’attacco giallorosso si attenua per le fosche affermazioni del ct olandese Blind su Strootman ( lui che destino avrà?) e si disperde un po’ tra le ombre di una difesa ancora nel grembo materno: deve ancora nascere. Le fasce sono scoperte, il centro è povero di elementi, Rüdiger è arrivato convalescente, Gyömbér non ha provato un solo schema, Digne chi sa se viene. Nel racconto dei racconti della vigilia la Roma corre, segna, piace, pare tornato l’entusiasmo che la rese unica, ha pezzi nuovi di zecca che hanno già capito cosa fare (Szczesny, Salah, Dzeko, Iago), dai pezzi usati andrà estratta nuova grinta (Pjanic, Gervinho, Ljajic, Ibarbo, De Rossi). Maicon sarà centellinato. E poi c’è Totti, il diversamente ragazzino. Gestire un adolescente di 39 anni? Garcia è onesto: «Totti è il nostro capitano, sarà ancora decisivo, in campo e fuori». Stasera col Verona forse fuori. Peter Pan potrebbe diventare Peter Panca. Ma non importa. L’anima della Roma è lui. E se la Roma vince, quest’anima sarà decisiva, anche parcheggiata.