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LA REPUBBLICA Roma, ambizioni e polemiche neppure Dzeko spegne gli ultrà

Edin Dzeko
Edin Dzeko

(M. Pinci) – Chissà se Edin Dzeko ha ripensato alle parole del collega laziale Lulic. Chissà che se ha dato un senso diverso a quel «non venire a Roma» del connazionale, leggendo i messaggi di insulti che tanti romanisti hanno rivolto al diciottenne brasiliano Gerson. Nell’estate di mercato più esaltante che la sua storia recente ricordi, la Roma scopre che il nemico da temere non è la Juventus. È se stessa. O meglio, quel ventre ristretto ma rumorosissimo che le si agita dentro provocando dolorosi mal di pancia. «Non possiamo essere vittime di un agguato al giorno », denuncia il ds Sabatini con la voce tremante dalla rabbia, mentre cerca di difendere quel ragazzo brasiliano di diciotto anni appena sbarcato in Italia dal Brasile con l’unica colpa di aver ostentato su twitter la sua nuova maglia della Roma, col suo nome sopra al numero 10 di Totti. Qualcuno sperava forse che bastasse una campagna acquisti da scudetto, un mercato virtuoso condotto sempre in equilibrio o quasi e in rosso per appena 8,5 milioni, per convincere l’anima torrida della piazza a deporre le armi. Macché.

Quella di ieri avrebbe dovuto essere una giornata di festa: i sorrisi del nuovo centravanti bosniaco, l’uomo che incarna più di ogni altro la voglia di rivalsa dei giallorossi e la sfida giallorossa al campionato. Le battute ironiche con fuoco puntato sul derby: «Lulic voleva dissuadermi dal venire qui, gli ho chiesto se avesse paura». Alla fine è stata tutt’altro. Indispensabili due interventi istituzionali, del ds e del capitano della Roma, per spegnere le fiamme di rancore e odio che avevano accerchiato Gerson. «È una cosa disgustosa, la maglia gliel’ho data io per convincerlo a scegliere la nostra squadra», la rabbia del dirigente. «Tutti devono avere la possibilità di sognare e indossare il 10, facciamo innamorare chi è appena arrivato», lo schiaffo di Totti a polemiche e polemici. Ma ogni giorno è un giorno di fuoco, a Roma: ieri nel mirino è finito Gerson, ventiquattro ore prima Romagnoli, chiamato infame, minacciato di morte sul muro della casa dei genitori ad Anzio. Per fortuna c’è chi agli imbecilli volta le spalle, chi li condanna, chi li disprezza, chi manda messaggi di solidarietà al difensore ceduto al Milan o di benvenuto al ragazzino brasiliano, costretto ieri a spiegare che il dieci non è nemmeno il suo numero preferito. Eppure l’onda d’odio si alimenta e colpisce tutti.

E oggi si rovescerà anche sulla festa estiva per eccellenza: la presentazione della squadra all’Olimpico, il battesimo della nuova stagione. Si chiama Open day, ma le porte rischia di chiuderle. Il questore ha già avvisato tutti durante il vertice sulla sicurezza di ieri: se stasera si verificheranno situazioni di tensione è pronto a far giocare Roma-Juve del 30 agosto senza curva sud. Già, perché dopo gli episodi dello scorso anno già si temono contestazioni: un gruppo ne ha annunciata una via internet per protestare contro la segmentazione della curva e ha messo nel mirino il prefetto Gabrielli che la divisione l’ha voluta e James Pallotta che non ha difeso gli abbonati. Non gli hanno perdonato al presidente la definizione di fucking idiots, e hanno già contestato lui e la squadra dopo 30 minuti appena del primo test amichevole. Si chiamano tifosi, ma il nemico della Roma, oggi, sono soprattutto loro.

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