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GAZZETTA DELLO SPORT Io, Francesco, segno da 21 anni

Totti
Totti

(M. Cecchini) – Sì, vabbè, 300. Ma a Francesco je rode. Così, alla romana, due paroline strette strette. Perché dentro la pancia di Totti c’è quello, lo stato d’animo non puoi mica barattarlo con i numeri. Hai voglia a celebrare, hai voglia a contare i giorni dal primo gol a ieri. Non finisci più, sono 7.686, dal Foggia al Sassuolo, dall’Olimpico all’Olimpico, la stessa porta. Da Francesco a Totti, 21 anni d’amore e di Roma: la festa perfetta. E invece no. E a Francesco je rode. «Trecento è un bel numero, ma avrei preferito vincere contro il Sassuolo — ha poi scritto sul suo blog —. Nel calcio gli obiettivi da raggiungere come collettivo devono essere sempre prioritari rispetto a quelli individuali. Io sono davvero contento solo quando la Roma vince».

IL SILENZIO E certo il traguardo è storico. È il filo rosso che unisce una storia lunga così, Carlo Mazzone e Rudi Garcia, Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, l’Italia che ancora si disperava per la finale mondiale persa con gli Stati Uniti e quella di oggi che sì e no batte Malta. L’Italia che in quei giorni, settembre 1994, ammirava nei cinema un capolavoro, «Il Postino », Massimo Troisi e Pablo Neruda insieme. «I versi del capitano », già che ci vorrebbe una perla di Neruda oggi per entrare nella testa di Totti e decifrare oltre ogni ragionevole dubbio quel mezzo sorriso mentre il pallone, uno dei suoi 300 palloni, superava la linea di porta. Quasi l’imbarazzo per un gol profano, in fuorigioco, regalato dal portiere avversario, inatteso e neppure costruito. L’imbarazzo per una Roma che veniva messa sotto dal Sassuolo, forse la Roma che Francesco sente meno sua, delle 24 in cui ha messo piede in campo. Totti oggi è il silenzio ai microfoni nel post partita, quando mezzo mondo giallorosso si sarebbe aspettato una sua frase, una celebrazione per i 300 gol, magari un’altra toppa – l’ennesima – ai buchi della squadra. Le parole del blog sono arrivate quando la cena era già servita a tavola, il capitano a casa con la famiglia. Intorno a lui, altro silenzio. Non una frase di un dirigente a celebrare il traguardo del miglior marcatore della storia della Roma. Non un compagno a rendergli omaggio attraverso quei social network tanto spesso usati. Anzi sì, uno, Antonio Rüdiger, sbarcato a Trigoria l’altro ieri:«Auguri al nostro capitano per il gol numero 300! Che spettacolo! Grande rispetto». Il resto è noia, zero assoluto. È Rudi Garcia, quello sì: «A 39 anni è difficile giocare troppo. Ma Francesco ha avuto il sangue freddo per segnare, 300 è un numero incredibile».

CON I FIGLI Incredibile, ma vero. Trecento prima o dopo sarebbe arrivato, i due punti in meno in classifica no, quelli non li ridà indietro nessuno. Totti vuole vincere. Sa che non gli è rimasto tanto per farlo. Crede che questo sia l’anno giusto per arrivare in fondo. Lo spera, anche in virtù di un contratto che fino a prova contraria dice giugno 2016, con la certezza che…niente è certo, niente è scontato, il rinnovo è una partita tutta da giocare. E allora meglio consolarsi con Cristian e Chanel, la doppietta di Francesco, in tribuna come sempre vicini a Ilary. Mentre papà in campo segnava, i figli mostravano orgogliosi al mondo intero una maglia bianca con la scritta «Grazie papà» e «300». Francesco si è girato verso la tribuna e ha fatto segno 3 con la mano: il sorriso si faceva un pelo più generoso, un modo per ricordare che storia e cronaca possono andare ancora a braccetto. «A regazzì, vatte a fà la doccia», gli diceva in quei giorni Carlo Mazzone quando lo vedeva circondato dai giornalisti. Trecento docce dopo, trecento gol dopo, Francesco «rosica» ancora quando la Roma non vince. È con questa forza che ha scritto una pagina di storia.

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