(C.Zucchelli) – Per capire quanto la Bosnia giovedì contasse su Pjanic basti pensare che ieri i media di Sarajevo parlavano di come «il nostro centrocampista più forte» non fosse riuscito a «contrastare quel folletto di De Bruyne». In Dzeko e Miralem, che arrivavano in Belgio con l’entusiasmo della vittoria con la Juve, erano riposte tante speranze di qualificazione all’Europeo, ma ora che la Francia è un miraggio (anche se c’è la partita contro Andorra da vincere a tutti i costi) è Garcia ad aspettarsi che Pjanic diventi il faro della Roma. In parte già lo è, perché è innegabile che quando gira lui gira tutta la squadra, ma la continuità che nei primi 4 anni da romanista si è vista solo a tratti, adesso deve diventare il suo nuovo punto di forza.
ALTI E BASSI – Contro la Juve, gol a parte, è stato perfetto, contro il Belgio è rimasto spesso fuori dal gioco. Magari non era in condizioni fisiche perfette — durante il riscaldamento ha fatto vedere al medico il piede sinistro, toccato duro contro il Napoli la scorsa primavera — o magari è solo incappato in una serata negativa, ma non ha inciso come avrebbe dovuto e le critiche sono state forti, in parte persino troppo feroci. Lui però non si scompone ed è il primo a sapere di non aver fatto una grande partita: «Non abbiamo mai fatto il nostro gioco, soprattutto nel primo tempo. Potevamo e dovevamo fare di più». Ieri, mentre la Bosnia lasciava Bruxelles per Sarajevo, era uno dei pochi con le cuffie alle orecchie, perso nei suoi pensieri, che sanno di rammarico perché, dopo aver partecipato al Mondiale, nessuno si aspettava di rimanere (forse) fuori dall’Europeo.
VOGLIA DI TITOLI – Per conquistare il continente, a meno di miracoli, a Miralem è rimasta la Roma, intanto partendo dall’Italia: «Ci aspetta una bella stagione. Abbiamo giocato e vinto bene contro la Juve, ma dobbiamo pensare gara dopo gara. Siamo tutti importanti, Dzeko è uno che però può essere decisivo». Miralem è stato l’unico superstite della prima rivoluzione di Sabatini, ha iniziato la quinta stagione e, dopo Totti e De Rossi, è quello che da più tempo indossa la maglia giallorossa (escludendo le giovanili di Florenzi). Ha disputato 146 partite con la Roma, distanziando nel corso dell’ultima stagione il Lione, con cui si è fermato a 120 (segnando 16 reti, in Italia è a 19). Non solo: in questa stagione, a meno di clamorosi e impensabili ribaltoni, Garcia diventerà l’allenatore che lo ha schierato più volte in campo: col francese è a quota 86, gliene mancano 30 per superare Puel e archiviare definitivamente il passato.
OGGI E DOMANI – Per mettere un punto sul futuro, invece, Pjanic e la Roma aspettano: da una parte a Trigoria nessuno vuole cederlo, considerando che per età (25 anni), tecnica e intelligenza calcistica è uno dei migliori centrocampisti d’Europa, capace di decidere le partite con calci da ferm e intuizioni geniali. Dall’altra, soprattutto adesso che Totti sembra non essere più un punto fermo, toccherà a lui prendere per mano la Roma. Un po’ come ha fatto (spesso) con la Bosnia. E chissà che prima del volo di ieri per Sarajevo non stesse pensando proprio a questo…