(A. Angeloni) – Dopo Verona, Garcia ha subito fatto notare come alla Roma mancassero «un difensore centrale e un terzino». Il terzino lo ha portato Sabatini, e si chiama Lucas Digne; per il centrale, per ora, ci si arrangia come si può, visto che Gyomber non viene ancora preso in considerazione, Ruediger è in infermeria (per poco ancora, pare) e Castan non è pronto. Quindi l’arte di arrangiarsi ha partorito De Rossi al fianco di Manolas. Una scelta firmata dal tecnico francese, che (anche) così ha ripreso in mano la squadra dopo mesi di dubbi, di preoccupante involuzione del suo ruolo di uomo spogliatoio, di condottiero. Garcia è ripartito, forse è tornato quello del primo anno. Quello che non guarda in faccia nessuno, che trascina tutti con le sue scelte. Rudi è tosto sia nei confronti della società, che gli ha messo a disposizione calciatori che al momento lui non prende in considerazione (infatti non li fa giocare) sia nei confronti di qualche giocatore, suo pupillo, che adesso manda anche in panchina. Il pupillo, ovviamente, è Gervinho, che da primo partente, si è ritrovato titolare a Verona, prima giornata di campionato. Segnali forti proprio nei confronti della squadra che spesso gli ha rinfacciato atteggiamenti troppo permissivi nei confronti dell’ivoriano (e non solo).
SCUDETTO, SI PUÒ – Altro atteggiamento da “modi Rudi” è nei confronti di Totti: chiaro, Francesco va per i 39 anni, ma comunque non è facile tenere in panchina uno come lui per le prime due partite di campionato e non fargli giocare nemmeno un minuto su 180. A Ljajic poi, ha concesso solo pochi spiccioli dell’ultima con la Juve. E va ricordato, Totti e Ljajic sono i capocannonieri dell’ultima stagione. Non due così. Maniere Rudi pure con Maicon, che si era messo a disposizione, ma Rudi lo ha mandato in panchina (e lui poi, per l’influenza intestinale, è stato poi costretto a starsene a casa). Garcia sta pian piano ritrovando il sorriso, che in ritiro aveva un po’ smarrito. Torna a essere lui la differenza, nel bene (contro la Juve) e nel male (a Verona). Errori commessi e rivisti una settimana dopo: dentro Iago Falque e fuori, appunto, Gervinho, tanto per fare un altro esempio, questo di umiltà. La Roma non può nascondersi, anche se l’Inter con Ljajic e Melo ha fatto un ulteriore passo avanti.
FATTORE EDIN – Garcia non è un mago, però ha ritrovato la vena dei vecchi tempi. Una grossa mano, ovvio, gliela dà anche Dzeko, un centravanti che da queste parti non si vedeva da tempo. Palla lunga e Edin c’è; palla sui piedi, Edin c’è; palla vagante in area, Edin c’è; palla in cielo, Edin c’è. Dzeko, insomma, è tanta roba. Per la Roma e per tutti coloro che adesso vogliono sognare. Il campionato è all’inizio, non può essere deciso niente, ma con Dzeko con questa vena, con Pjanic pronto a dare un supporto di qualità (dalla Bosnia hanno espresso tutto il loro orgoglio per Mire e Edin), con Salah che è lì lì per esplodere, tutto potrà sembrare ancora più semplice. Possibilità di vincere ci sono, forse manca ancora quel terzino destro che Rudi avrebbe voluto e si sarebbe aspettato. Per ora non ce l’ha e s’è inventato Florenzi in quella posizione. «Purtroppo ogni tanto Garcia viene preso a capro espiatorio, come succede a me e ai dirigenti – ha detto Pallotta a Roma Radio – L’anno scorso abbiamo subito troppi infortuni, abbiamo fatto dei cambiamenti e ora si vedono i risultati. Stiamo costruendo una grande squadra e io ne sono fiero. Agnelli sa che siamo una minaccia». Sembra passato un secolo dalla burrasca di giugno. E’ tornata la famiglia felice e unita. L’unica ricetta per vincere.