(U. Trani) – Garcia, nella preparazione della gara contro il Barça, ha analizzato a fondo alcune tappe della sua avventura a Trigoria. Il crollo con il Bayern all’Olimpico per eccesso di sfrontatezza, la prudenza di Monaco nella sfida di ritorno per evitare la seconda figuraccia a distanza di due settimane e la trappola preparata per Pioli nel derby da Champions.
COME NEL DERBY – La gara del 25 maggio scorso è simbolica. Perché, oltre a garantire il secondo posto e quindi l’accesso diretto alla Champions, ha mostrato il lato umile e al tempo stesso pratico della Roma. Garcia, da sempre attentissimo alla questione psicologica, prese atto della fragilità momentanea del gruppo che fisicamente e mentalemente era in chiara difficoltà. Ecco che contro la Lazio scelse il 4-1-4-1 tanto simile al 4-5-1 di mercoledì sera contro il Barça. Nel derby pensò a difendere il punto di vantaggio in classifica e conquistò il successo proprio puntando sui reparti stretti e sulle ripartenze. L’ideale, quel pomeriggio, per azzerare l’efficacia del 4-2-3-1 di Pioli. Lunedì scorso, al video, la lezione del francese è stata simile. Abbondanza di giocatori sotto palla e Dzeko a gettare la fune ai compagni chiamati a risalire velocemente la corrente. Il tecnico giallorosso ha ammesso che la transizione doveva essere migliore, cioè con uscite dal guscio e contropiede più efficaci. Il sacrificio chiesto a Iago Falque e soprattutto a Salah (l’egiziano non ha nelle corde i rientri così esasperati) può aver tolto la brillantezza e la lucidità agli interpreti. Molto è dipeso dal Barça che tatticamente, tecnicamente e fisicamente è superiore. Ma l’atteggiamento studiato per limitare i blaugrana ha trasmesso subito sicurezza e convinzione ai giocatori: il timore di un’altra figuraccia è svanito prima di entrare in campo. Più dei singoli, pallonetto d’oro Florenzi a parte, ha pesato il comportamento da squadra. Ma anche le individualità sono state decisive: il pressing di De Rossi, l’autorità di Keità e il dinamismo di Nainggolan. In più il lavoro di coppia delle due catene laterali: Florenzi-Salah ad altissima velocità e Digne-Iago Falque. E bene anche i due centrali difensivi Manolas e Ruediger. Sollevati da compiti di impostazione, da marcatori sono stati perfetti. Nel discorso di ieri alla squadra l’allenatore ha fatto il giusto richiamo alla concentrazione: ormai conosce bene l’ambiente e lo spogliatoio.
VIA DI MEZZO – Pallotta, entusiasta, invia i complimenti, mentre Garcia passa dai campioni d’Europa a rivali che spesso, contro la Roma, si chiuderanno. Il sistema di gioco preferito del francese resta il 4-3-3. Se c’è Pjanic, disponibile già domenica contro il Sassuolo, è semplice passare al 4-2-3-1: sale lui dietro a Dzeko, come alla prima giornata contro il Verona, e il più è fatto. Quando manca Pjanic è dura: serve chi costruisce, davanti o a centrocampo. Bocciato Uçan, l’unico rimane Totti. Il 4-5-1 (o, volendo, il 4-1-4-1), finisce in cassaforte. Nel senso che la formula non viene cestinata. Anzi basta pensare all’éra Spalletti: l’assetto di partenza era il 4-2-3-1, quello di scorta il 4-1-4-1. Ma l’identità era la stessa, con 9 giocatori dentro la metà campo e Totti esentato. Con Spalletti, però, almeno 6-7 giocatori hanno sempre partecipato alla fase offensiva. Quello che la Roma non ha potuto (o voluto) fare contro i campioni d’Europa. In Italia, però, è possibile. E Sabatini, prendendo diversi esterni di gamba (veloci e tecnici), ha rafforzato questa idea di calcio.