(U. Trani) – Come biecamente annunciato sotto traccia, da amici e nemici (fuori e anche dentro Trigoria, perché sono pure lì), è bastata la prima presenza per la sentenza definitiva: Totti è il problema della Roma. Adesso anche quando vince. E pure quando schiera finalmente il centravanti. Si contano i suoi passaggi sbagliati, 20 e quindi tanti, e si chiude lì il discorso personalizzato e calcistico. Si tiene invece aperto, perché non guasta mai, l’aspetto comportamentale: falletti qua e là sparsi, rischio rosso e sostituzione tardiva (unico rimprovero per Garcia e non per l’interessato). Tutto abbastanza scontato e storiaccia scritta da tempo. Che la gestione psicologica, tecnica e tattica di Totti non sarebbe stata agevole non si scopre certo oggi. Per l’allenatore e, ancora di più, per il capitano. Di troppo anche quando non gioca e si pensa al disturbatore dello spogliatoio, al franco (leggi francese) tiratore e alla gelosia montante.
Chiacchiere fatte lievitare ad arte attorno al professionista che l’anno scorso, a 38 anni, ha giocato 36 gare (più della stagione precedente) e segnato 10 gol (miglior realizzatore giallorosso). In campo pure quando avrebbe dovuto restare in panchina. Dentro per mancanza di interpreti (attaccanti). Impresentabili alcuni e il mercato estivo ne è stata la conferma. Da troppo a niente, per lui, all’inizio del nuovo torneo. Così Totti, senza ritmo partita, è finito nella trappola di Frosinone: turnover strampalato per la Champions e sistema di gioco senza capo nè coda. Nel primo tempo il regista della Roma, statica come a Verona (a proposito: lì il 10 è rimasto a guardare), è stato Szczesny: palla lunga, a scavalcare il centrocampo, su Dzeko, non in grado di colpire di testa (ferito e bendato fin dai primi minuti), o sul capitano, poco adatto per le spizzate. Ma si fa prima a dire che ormai Totti non può più far coppia con il centravanti. E a scegliere l’erede. Per trovare il gioco, invece, c’è sempre tempo.