(F. Schito) – Esordio complicato e affascinante quello di questa sera tra Roma e Barcellona. La sfida più dura davanti al pubblico di casa contro i campioni d’Europa in carica, guidati da una vecchia conoscenza del calcio romanista, Luis Enrique.
«Si vede che poi tanto scemo non era e io non sono matta… », le parole di Daniele De Rossi in conferenza stampa. In passato in vice capitano della Roma lo aveva identificato come il miglior allenatore che aveva avuto. «Fortunatamente altrove è riuscito a dimostrare il suo valore. Sono contento perché lui e il suo staff sono brave persone a prescindere da tutto, dal 4-3-3, dal 4-4-2 e dai regolamenti interni. A parte la partita contro di noi faccio sempre il tifo per loro».
Ennesimo attestato di stima per «l’hombre vertical» che sul centrocampista giallorosso aveva impostato il suo modo di giocare, con i terzini a spingere alti e il centrocampista di Ostia a retrocedere tra i due centrali per formare una linea a tre. Lo stampo è quello barcellonista, il ruolo quello di Mascherano. «Un giocatore che ha fatto un percorso che forse mi potrebbe appartenere in futuro» spiega De Rossi. «Sarebbe una gran cosa fare qualcosa di simile a lui. È un discorso tattico e di opportunità in base alla necessità del mister e della squadra. Io mi metto a disposizione e quando riesco a farlo in maniera discreta, come contro la Juve, sono il più felice di tutti».
Starà al tecnico scegliere come mettere in campo Daniele questa sera, davanti a un Olimpico tutto esaurito. Peccato che il tifo non sarà compatto. Proseguirà infatti la protesta della Sud: «Sto cercando di documentarmi, vorrei capire il perché della protesta e il perché della barriera. Appelli non ne faccio, una protesta quando è così civile deve anche continuare. Fa comodo e piacere avere bandiere e tifosi che cantano, anche se con la Juve abbiamo vinto senza che loro cantassero. Quando non il tifoso, ma una persona, tiene il suo punto con civiltà va rispettata». Il rispetto che spesso gli viene negato quando commette falli plateali come quello in nazionale: «Se faccio un fallo di reazione non posso pretendere che non se ne parli. A volte in campo mi si annebbia la vista». Non oggi si spera.