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LA REPUBBLICA La Roma si butta via. In Bielorussia regala tre gol, la rimonta non riesce

Gervinho
Gervinho

(E. Sisti) – Caporetto sul fronte orientale con disperata ribellione finale che si conclude con una traversa che nega a Florenzi il 3-3. Sarebbe stata una rimonta storica, importante ma non del tutto meritata. All’elegantissima Roma entrata in campo in abito grigio, che ha balbettato calcio aritmico, è mancata soltanto la tuba per completare la mascherata durata un’ora abbondante, durante la quale il Bate è parso di un’altra categoria mentale. Era una Roma senza personalità, cattiveria, lucidità. Facile da bucare come il sacchetto vuoto di una spesa non ancora fatta, inadeguata per un palcoscenico tanto prestigioso, messa male in campo, ispirata da illegittime presunzioni (il 4-3-3 è forse un dogma?), con molti assenti, è vero, ma con i presenti che non sembravano stare tanto meglio degli ammalati ufficiali. Il centrocampo non filtra più nemmeno le foglie di un cucchiaino da tè, Florenzi è un finto terzino in emergenza permanente. Con l’anima scucita, la Roma si è confrontata con degli avversari umili e tonici che correvano di più per numero di chilometri pro capite ed erano nettamente più veloci nello scatto breve. L’oggetto Roma è finito in pezzi sul pavimento, il Bate l’ha raccolto e poi travolto, temendo solo negli ultimi minuti. La Champions non si può giocare col timer, a gocce, ora sì ora no.

La Champions è per squadre concentrate sempre, attrezzate sempre, convinte sempre, con la voglia nelle gambe e il pallone nel cuore. Non si può andare in Champions con una zona del tuo modulo in cui ti fanno ballare la rumba. Da sinistra, dove Florenzi non può farcela, arrivano le due reti spezzareni: di Stasevic all’8 e di Mladenovic al 12’ (dove andava Szczesny?). I fili sono spezzati, gli spazi chiusi, i bielorussi corrono il doppio, corrono meglio. Per mettere in contatto linguistico i tre attaccanti giallorossi, che smaniano senza criterio, non incontrandosi, non capendosi quasi mai, c’è bisogno di un “traduttore” esterno, ma Pjanic trotta (sarebbe stata la sua terza partita di qualità consecutiva…). La Roma non crea occasioni, le poche volte che sbuccia via confeziona palle sporche. Illuminato dallo splendido Nikolic, il Bate è corto e recupera palla. Niente di straordinario, ma tutto l’ordinario e l’utile possibile. Ancora dalla sinistra maledetta entra Mladenovic, immarcabile: 3-0 al 30’. Colpevole della breccia in difesa, Garcia, cosa inaudita, effettua un cambio prima della fine del primo tempo: toglie un fantasma ( Vainqueur) e inserisce uno zoppo fasciato (Iago Falque, che alla fine sarà il migliore). I tagli non scalfiscono il Bate, che non aveva mai battuto un’italiana, i ragazzi di casa arrivano sempre primi sulla palla. Florenzi (spostato finalmente ma tardivamente a centrocampo dopo essere stato bersagliato come se avesse una mela in testa e gli altri si chiamassero tutti Guglielmo Tell) cerca l’angolo alto a inizio ripresa (c’è Torosidis per Iturbe).

Adesso la Roma è un 4-2-4 privo di pensatori, Pjanic continua le sue passeggiate, concede assist sempre con un decimo di secondo di ritardo. Una doppia deviazione nega a Falque l’1-3 (18’). Riesce a trovare la porta Gervinho al 21’ su una bella imbeccata dello spagnolo. Al 37’ la speranza: numero di Digne, una specie di tacco-velo di Gervinho, Torosidis raccatta il 2-3. E traversa al 38’ di Florenzi. Ma è tardi per rimediare completamente. Non può una squadra con delle aspirazioni (diciamo pretese?) presentarsi a Borisov e per un’ora fare la figura del Carpi, vestita di grigio. E tante grazie al Barça che vince in rimonta sul Leverkusen. Altrimenti era già tutto finito o quasi.

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