(M. Pinci) Loro lo sfidano, lui risponde. Nell’atmosfera grottesca di Roma-Carpi, con il cuore del tifo smembrato dalle assenze in massa degli oltre cinquemila curvaioli rimasti a casa, la vera partita è un’altra. Quel che resta della curva Sud contro Morgan De Sanctis: in fondo lo fischiano già quando lo speaker annuncia il suo nome. Chi in quella curva vuota non soffre di agorafobia, mugugna contro il portiere soprattutto dopo che Borriello segna l’1-0. Ma è nel secondo tempo, quando Morgan va a difendere la porta sud, che la sfida s’accende. Basta che blocchi un pallone facilissimo in uscita perché quei filibustieri alle sue spalle inizino a festeggiare come se avesse prodotto un miracolo. «Oooolè», uno scherno ripetuto che lo irrita ogni due per tre. Poi però l’arbitro gli offre l’occasione giusta per una rivincita: rigore, Matos tira. E Morgan para. Poi para pure la ribattuta. E festeggia, scuote i pugni, alza le braccia. Passa qualche secondo, ma lui insiste, agita entrambi i guantoni chiusi, pure se la palla è ormai lontana. Sul 5-1, non conta poi così tanto. Ma dietro non mugugnano più.