(E. Sisti) Col cappello di Merlino in testa, Mago Florenzi prende una postura alla Maradona (più che alla Messi), segna da 60 metri e la Roma ferma il Barcellona e forse esorcizza per sempre il demone Robben. Completamente fuori da qualunque idea, schema o fantasia, per quanto perversa, Mago Florenzi cerca la porta appena superata la linea di centrocampo, tutto spostato sulla destra, con potenza nei piedi e forza d’animo. Aveva visto Ter Stegen fuori dall’area e giustamente avrà pensato: “Stiamo perdendo, sai che ti dico, io ci provo, in fondo che cavolo ci rimetto?”. Ha calciato come meglio non si potrebbe. Il cuore dell’Olimpico s’è riempito di un’incredula, legittima felicità. Una rete che sembrava una “meta” e che ha già i suoi bei contorni leggendari. I social incorniciano in diretta l’evento calcolando anche la giusta distanza (55,5 metri). Il valore del pareggio giallorosso, al di là dei salutari effetti in classifica e sulla fiducia in se stessi, è facilmente misurabile con dati recenti: in 16 giorni la squadra di Garcia ha battuto la finalista di Champions e pareggiato con i campioni in carica.
L’inquietudine del giallo e l’emergenza del rosso si sono fusi in una squadra che non ha brillato nei singoli ma in compenso si è esaltata nell’insieme, dovendo cimentarsi con i più forti del mondo. Ha fatto ciò che aveva chiesto il suo allenatore, sacrificio, senso del gruppo e sensodella storia (di chi avevano di fronte). Con parte della curva sud assente per protesta, la Roma scende in campo con un fluttuante 4-1-4-1 (De Rossi a puntellare la difesa). La natura del match è chiara. Il Barcellona passeggia sino al limite dell’area e poi tenta caroselli ubriacanti. La Roma vive rubando palla, pragmatica. A sinistra Nainggolan è un po’ spaesato. In quel vuoto Rakitic si prende il tempo che gli occorre (l’essere umano più vicino a lui è un fotografo) e trova la testa di Suarez che sfugge furbo a Manolas: 0-1 al 21’. Alla Roma non si capisce chi possa, tra i tanti affiliati alla società, arrivare con una derrata tecnico-alimentare-farmaceutica per i rifornimenti qualitativi, fisici e psicologici. Servirebbe una magia. Ma il mago c’è e si chiama Florenzi (31’).
Il Barcellona ha la sua identità storica ma la espone pacatamente con un possesso palla bulgaro (73%), la Roma è invece animosa, non si preoccupa di seguire una strategia, va a schioppettate. Oltre le reti segnate, nessuna palla gol. Il Barcellona si riattiva nel secondo tempo con Messi e Suarez. Szczesny prima è bravo su Leo, poi si prende una tacchettata sulla mano da Suarez e deve uscire (4’). Verrebbe da chiedersi: e se anche il pari stesse bene a entrambe? Le accelerazioni del Barça sono sporadiche (Neymar al 9’), Messi è impreciso. LaRoma è raccolta e non trova modo (o voglia) di ripartire, perché equivarrebbe a scoprirsi.
Rafinha è da record: entra ed esce nel giro di un minuto, tocca una palla e si fa male per un fallo di Nainggolan. Comincia a manifestarsi la stanchezza, sotto forma di spettro paralizzante del bel gioco. Il contagio non esclude Messi. Il Barça prosegue nel suo divino trottare, apparentemente pago ma non del tutto sopito. Il movimento di Neymar al 32’ (devia Manolas) e la traversa di Messi al 33’, dopo il gol di Florenzi, sono la cose più belle. Poi Iniesta vorrebbe entrare a casa di De Sanctis (35’) ma viene respinto sull’uscio. E ancora De Sanctis e Manolas fermano l’ultima furia catalana nel recupero. Il Bayern non c’è più.