(A. Catapano) – Gaetano Papalia sorride. Tante attenzioni non aveva ricevuto nemmeno quando era il re degli ippodromi italiani, prima che il sistema gli crollasse in testa. Papalia, com’è noto, ha venduto a Luca Parnasi il terreno di Tor di Valle su cui sorgerà un giorno il nuovo stadio della Roma. Un contratto da 42 milioni che è finito sotto la lente del tribunale fallimentare (ma ne sta uscendo), perché nel frattempo la Sais, la società della famiglia Papalia, è fallita (il 17 dicembre si discuterà l’Appello). Ora, grande risalto si dà all’ultimo guaio giudiziario che chiama in causa Papalia (che rivendica già un paio di archiviazioni), specificando che non inficerà sul progetto-stadio. La vicenda è molto tecnica, l’accusa è di aver distratto «dal patrimonio della Ippodromo Tor di Valle il contratto di locazione (in scadenza nel giugno 2016), nonché il possesso del terreno su cui sorgeva l’ippodromo, ponendo in essere lo scioglimento anticipato del contratto e la restituzione anticipata alla Sais del terreno stesso grazie ad un’operazione artificiosa diretta a sottrarre tali asset ai creditori», si legge nell’atto di chiusura indagini firmato dall’aggiunto Nello Rossi e dal pm Mario Dovinola. Papalia si difenderà: l’attività ippica era finita da un pezzo e i debiti stavano lievitando quando fu rescisso il contratto. Ma intanto se ne parla.