(S. Carina) – Ad un mese dal ko con il Carpi, Dzeko riabbraccia l’Olimpico. Già contro la squadra di Castori, suo malgrado, aveva iniziato ad abituarsi al nuovo stadio formato acquario, ben lontano dalla polveriera d’entusiasmo del giorno della presentazione con il Siviglia o del big match contro la Juventus. Fatto sta che toccherà ad Edin scaldare i pochi presenti (venduti appena 6.000 tagliandi che si sommano ai 24.000 abbonati, ai quali vanno però sottratti coloro che non ci saranno per protesta). Perché chi questa sera andrà allo stadio o si posizionerà comodo sul divano di casa per assistere alla partita, si attende – oltre al successo della Roma – di vederlo segnare. L’ex City è fermo alla corsa, stile Pierino Prati (a braccia aperte sotto la curva Sud), del 30 agosto scorso. Una rete tanto bella quanto importante. Sembrava il prologo ad una serie senza fine e invece Dzeko si è fermato.
Le giustificazioni a suo carico non mancano. Se è vero che Edin ha disputato 9 partite, va anche rimarcato che i minuti effettivamente giocati sono stati 576 il che equivale a 6 gare con annessi recuperi. Al netto dei gol segnati, l’importanza del bosniaco è evidenziata dalle statistiche. Con lui la Roma subisce meno (in campionato 7 gol in 7 gare), è più equilibrata e ha la possibilità di alzare il pallone. Senza contare, come si è visto a Firenze, la quantità di palloni toccati e l’abnegazione a volte di tornare a difendere quasi sulla linea dei difensori. In tal senso c’è un fermo immagine televisivo che ha fatto il giro sui social dove si vede Edin in linea con Manolas e Digne, nel ruolo di terzino sinistro aggiunto. L’impressione, maturata già prima dell’infortunio, è che fino a questo momento sia stato più lui a mettersi a servizio della squadra che non viceversa. Da questa sera, ci si attende il contrario. Perché vanno bene l’equilibrio, il sacrificio e i contrasti vinti, ma come amava sottolineare lo scrittore sudamericano Galeano, «il gol, anche se è un golletto, risulta sempre un goooool nella gola dei radiocronisti, un ‘do di petto’ capace di lasciare Caruso muto per sempre e far delirare la folla». E Dzeko è stato preso per questo.
È chiaro che a un signore che 44 dei 50 gol in Premier li ha segnati dentro l’area di rigore, serve una manovra che permetta di liberarlo al tiro. Sinora è accaduto con una certa regolarità (s’intende almeno 2-3 volte) nell’arco dei 90 minuti solamente in un paio di circostanze, contro la Juventus e il Carpi. Lo score recita un gol e una grandissima parata di Buffon con i bianconeri e due parate (forse le uniche della gara) di Brkic nel primo tempo con gli emiliani. Ad esser pignoli si potrebbe rimarcare la palla ciccata del 3-0 a Firenze ma gli errori li commettono tutti. Il problema è iniziare a sviluppare una manovra che permetta a Dzeko, nel ruolo di terminale offensivo, di calciare con frequenza in porta. Per intenderci, non come in trasferta con la Sampdoria dove l’unica conclusione arrivò da fuori area al termine di un’azione personale nella quale l’attaccante si era liberato di tre avversari. Edin di solito parte forte. Solo in tre stagioni, oltre questa, ha stentato. Nelle ultime due con il City e nella seconda con il Wolfsburg. Quella che però si è rivelata poi essere la sua stagione più prolifica.È il 2008-09: prime 5 gare disputate, 0 gol. La prima rete in campionato la segna il 5 ottobre contro lo Schalke. Poi altri 20 giorni di letargo, prima dell’inutile 4-2 nella sconfitta col Bayern Monaco. Da quel momento non si ferma più: 24 reti in 25 gare. A Trigoria aspettano il bis.