(A. Angeloni) – C’era Spalletti, poi Ranieri, c’era uno scudetto in ballo. Dall’altra parte c’era Mancini, poi Mourinho. Era l’epoca di Zanetti, più che epoca l’epopea di Zanetti, di qua c’era Totti che prendeva spesso applausi a San Siro, c’era l’Inter e c’era la Roma. C’era uno scudetto diviso due: sfide appassionanti, polemiche (strano…), per parecchi anni, da ricordare su tutte l’espulsione (Rosetti) di Mexes a San Siro che ha dato il là alla rimonta dell’Inter con Zanetti, cucendosi addosso il titolo. E visto che dal 2006 al 2010 esistevano solo queste due squadre per il vertice della classifica, le sfide si ripetevano anche in coppa Italia, in Supercoppa italiana. Sempre, un continuo. Una bellezza anche un po’ monotona. Con il triplete dell’Inter, è finito tutto. Si è ricominciato con ambizioni più piccole, per entrambe.
È passato qualche anno, siamo tornati più o meno a quel punto. Stavolta, Inter-Roma è un pezzo di scudetto, perché quel tricolore lo sognano anche il Napoli e perché no? la Fiorentina. E comunque, non siamo al binomio. Ma un pizzico di quel sapore antico si respira, perché domani sera, al Meazza, la parola scudetto compare per entrambe. Come ai vecchi tempi. Mancini c’è, è tornato e nel deserto creato dalla nuova era geologica, ritrova il solo De Rossi (e nemmeno è sicuro), degno rivale di quei tempi e non Totti, alle prese con un problema muscolare e con qualche anno in più sulle spalle. Inter-Roma per lo scudetto, torna la musica dolce dopo gli anni bui di Luis Enrique, di Zeman, di Gasperini, Benitez, Mazzarri. Mancini rivede Garcia, avversario non inedito, ma quasi. Una vittoria per parte: ha vinto il francese nell’andata dello scorso campionato (4-2), quando Mancini sedeva sulla panchina dell’Inter da poco più di un quarto d’ora, ha al fotofinish vinto il tecnico nerazzurro nella sfida di ritorno (2-1). All’andata la Roma era ancora convinta di poter vincere lo scudetto, mentre l’Inter aveva ricominciato la ricostruzione proprio da Mancio; nel ritorno erano entrambe lontane dalla Juventus e a San Siro la sfida è stata bruttina, anche prevedibilmente. Quest’anno è diverso, c’è tanto in ballo. Non sarà facile prendere una sconfitta con filosofia.
NON SOLO CAMPIONATO Negli anni d’oro, c’era l’Inter sempre in fuga e la Roma con sudore della rimonta. Quella più clamorosa stava per finire a Catania, ma ci ha pensato Ibra a chiudere i giochi centinaia di chilometri più su, a Parma. Il ping pong prosegue fuori campionato: la Roma quell’anno vince la Coppa Italia, l’Inter la Supercoppa. Con Mourinho, quello dei zeru tituli, la storia non cambia: è sempre corsa a due, la Roma di Ranieri si inceppa con la Sampdoria e lascia il titolo ai nerazzurri, che fanno festa a Siena con Milito. Ranieri, perennemente sbeffeggiato da Mourinho, perde anche la Coppa Italia, quella del calcio di Totti a Balotelli. C’erano Milito e Ibrahimovic ai tempi d’oro, oggi ci sono Icardi e Jovetic, oppure Ljajic, nella Roma c’è il vecchio pallino di Mancini, Dzeko, ci sono Gervinho e Salah, non c’è Zanetti ma Santon, di qua Florenzi, che proprio a San Siro ha segnato la sua prima rete in serie A (anno di Zeman, prima da titolare per Ale). A Milano ci credono, San Siro sarà strapieno, ci saranno anche i tifosi della Roma, che oggi ritrovano il gusto di sostenere la squadra in trasferta e non più in casa (per via delle restrizioni promosse dal prefetto Gabrielli). Oggi si racconta un’altra storia, insomma. Ma è la storia di un tempo.