(M. Ferretti) – La Roma, anche dopo la settima giornata, continua ad avere ilmiglior attacco del campionato. Diciassette reti all’attivo, media di 2,42 a partita. Un ruolino di marcia impressionante, che avrebbe dovuto garantire alla squadra giallorossa il primato in classifica, e pure in scioltezza. Invece, la Roma non è prima, e neppure seconda, perché continua a subire troppe reti, 9 al passivo, media 1,28 a gara. Manca un equilibrio costante, insomma. Roma capace di tutto, nel bene e nel male; e non è questo il modo per avere un passo spedito, affidabile. Ad eccezione della partita di Frosinone, la Roma ha sempre subito almeno una rete: un difetto che andrà migliorato in fretta, perché il campionato non ti dà il tempo di aspettare. Intanto, sono ormai 18 le partite di fila con la Roma a segno almeno una volta (totale: 33 gol): questo vuol dire che il mal di gol è stato debellato, anche se, paradossalmente, Rudi Garcia anche a Palermo ha dovuto rinunciare al fiore all’occhiello del mercato estivo, cioè Edin Dzeko. Il bosniaco ha segnato soltanto una rete, bellissima alla Juventus, eppure l’attacco della Roma va che è unameraviglia. Come se con il centravanti o senza, le cose funzionano alla stessa maniera. Facile ipotizzare, comunque, che con Dzeko a disposizione i numeri oggi sarebbero diversi, più belli. Garcia, in attesa di ritrovare in campo Edin, si gode i suoi 10 diversi marcatori (11 compresa la Champions), con il ritrovato/sorprendente Gervinho, capocannoniere della squadra con 4 reti (3 in campionato). Curiosità: era dal febbraio 2014 che l’ivoriano non segnava in tre partite di fila (Carpi, Bate Borisov e Palermo). Come si dice? Un giocatore ritrovato.
A TESTA BASSA Come accaduto negli anni passati, la Roma continua segnare in (quasi) tutti i modi. A Palermo ha sfruttato una percussione centrale (Pjanic), un’altra giocata centrale, anche se un po’ casuale (Florenzi), un’invenzione dell’anarchico Gervinho e infine ancora una palla centrale di Uçan per la doppietta dell’ivoriano. La Roma segnare tanto palla a terra e poco sfruttando il gioco aereo: soltanto due delle 17 reti sono arrivate alzando il pallone, quella di Dzeko contro la Juventus e quella di Digne contro il Carpi. La cosa singolare, e positiva per Garcia, è che al Barbera i suoi uomini sono andati a segno per la prima volta nel primo quarto d’ora di gioco, prima con Pjanic dopo meno di 2 minuti (108”, record stagionale in campionato) e poi con Florenzi. A Borisov, in Champions, martedì la Roma aveva beccato tre reti in mezzora; ieri a Palermo ne ha confezionate tre in 27 minuti. Se in Bielorussia Garcia aveva completamente toppato la formazione iniziale, in Sicilia ha azzeccato le scelte, perché è andato sul sicuro, non si è lasciato sedurre da botte di fenomenismo e così tutto è risultato logico. E la Roma, non a caso, ha vinto la partita, anche se nella seconda parte ha mostrato i consueti limiti in fase difensiva. E, allora, il punto è questo: meglio avere il miglior attacco o la miglior difesa per puntare con convinzione allo scudetto? Servirebbe la miglior differenza reti, in realtà; cioè, equilibrio. E continuità.