(A. Angeloni) – C’era una volta il 4-3-3. O forse c’è, ci sarà ancora. Così come il 4-2-3-1, che non è morto ed è visibile sempre. Ciò che appare certo quest’anno è l’alternanza di sistemi di gioco, cosa insolita per la Roma firmata da Rudi Garcia. Del resto, il tecnico francese ha sempre fatto notare come la squadra sia profondamente cambiata dal primo anno che, dal punto di vista del gioco, è stato il migliore. Forse quel calcio con tre attaccanti di movimento, compreso un finto centravanti, con due centrocampisti di rottura e uno dai piedi buoni, con due centrali possenti e due terzini che andavano, non si può fare più. La metamorfosi è cominciata lo scorso anno, nei momenti di difficoltà, quando Garcia ha snaturato la squadra, ad esempio a Monaco, abbandonando il calcio offensivo per un gioco da uno contro uno, più rigido, meno libero. È difficile non prendere gol e segnarne tanti se non hai gente come Benatia, Strootman, Totti con due anni in meno etc etc. Quest’anno, la trasformazione è continua: non esiste più il modulo base, ma il sistema di gioco basato sul momento, sugli uomini a disposizione e sugli avversari. Un Garcia pirandelliano, insomma, da “Uno, nessuno e centomila”, o principe di una “Metamorfosi” kafkiana. Qualche numero e parliamo di moduli di partenza: finora tre volte in campo con 4-2-3-1 (Verona, Frosinone e Sassuolo), 5 con il vecchio 4-3-3 (Juventus, Sampdoria, Carpi, Barça e Borisov), una con il neonato 4-4-0 o 4-4-1-1 (Palermo).
TRE SISTEMI – Abbiamo visto il vecchio 4-3-3 poi trasformatosi in 4-2-3-1 oppure in 4-1-4-1, fino al 4-4-2 (4-4-1-1) di Palermo. Rudi sta cercando il sistema migliore per proteggere la squadra, viste le difficoltà difensive, che derivano dalle assenze di uomini-chiave. Esempio: quando Dzeko va in campo con Totti, è più facile vedere una Roma schierata con il 4-2-3-1, come a Frosinone. Se non c’è uno e non esiste il sostituto? Si cambia modo di stare in campo. Giocare con troppi sistemi di gioco diversi può disorientare l’avversario, ma anche gli stessi calciatori che in ogni partita si ritrovano a fare movimenti diversi, partendo da posizioni differenti. Non è facile acquisire un’identità di squadra se si cambia in continuazione. Florenzi è terzino o ala offensiva? De Rossi copre meglio la squadra da centrale di difesa o da centrocampista? E Pjanic è un trequartista o un regista? La Roma oggi è una squadra squilibrata, capace di segnare 17 gol, risultando il miglior attacco del campionato, e di subirne 9, essendo così la decima difesa, con solo tre reti in meno del Bologna, ultimo in classifica. Domenica Garcia ha sorpreso ancora. I risultati sono stati buoni, ma l’equilibrio non c’è.
CALCIO SACCHIANO – Al Barbera, ennesimo esperimento, nemmeno definitivo. La Roma che ha battuto il Palermo è sembrata logica, con un senso tattico: Florenzi e Iago Falque i due interpreti perfetti per giocare esterni di centrocampo nel 4-4-2. Controindicazione: non hanno alternative. L’alternativa, se mai, è ricambiare modulo. Perché un conto è prevedere uno di loro in quella posizione, un altro è giocare con Salah o Iturbe larghi o addirittura con Gyomber e Emerson. Più facile, in questo caso, chiamarlo 4-3-3 o 4-2-3-1. Garcia, con il sistema di gioco visto al Barbera, dimostra come Florenzi sia più un centrocampista attaccante che non difensore, e dimostra anche che se Ale gioca lì, il terzino è Torosidis e non Maicon, finito terzo nell’ordine di preferenza. Il 4-4-2 ha il vantaggio di poter gestire la rosa lunga in attacco: lo si può giocare sia con Dzeko punto di riferimento sia con Gervinho. Le coppie sono quasi tutte giuste. Lo si può fare anche con Pjanic dietro la punta centrale. Per i due di centrocampo vale lo stesso discorso fatto per gli attaccanti: Nainggolan-De Rossi, De Rossi-Keita, in futuro Strootman-De Rossi etc etc. Se la squadra è compatta, la difesa, nonostante le difficoltà (De Rossi fuori ruolo, Manolas esausto, Ruediger malato, Gyomber non si sa e Castan sparito) regge l’urto. Se cambi gli esterni alti e non hai, e non le hai, alternative, si va nel pallone e devi ricambiare sistema di gioco. L’ideale sarebbe avere Maicon e Digne come esterni bassi, ma purtroppo non si torna indietro nel tempo. Guardando la Roma di domenica, Sabatini avrà capito che forse sarà il caso di reperire un altro terzino di gamba e un bel centrale di difesa. Lo scudetto passa anche da queste piccole/grandi cose. Non è solo una questione di numeri, in questo ha ragione Roberto Mancini.