(E. Sisti) «Beh, scudetto…una cosa alla volta!». Dopo le incaute esternazioni della scorsa stagione Garcia vola talmente basso da essere costretto a ridimensionare l’entusiasmo del presidente: «Pallotta parla sempre per il bene della squadra». Jim aveva anche detto che si sta lavorando per lo scudetto, senza precisare quando. Quindi anche a stadio finito andrebbe bene?
Prima di quell’evento purtroppo ancora nebuloso ci sono degli impegni, sapete com’è il calcio. L’Empoli di Giampaolo e di Saponara (ancora squalificato) è il primo, stasera alle 18. La Roma dovrà ricordarsi al volo di come sia stata capace di essere corta e aggressiva a Palermo col “nuovo” modulo che per 45’ è bastato a far provare ai giocatori una “nuova” sicurezza, più vicini tra loro, più liberi (ma resta il dubbio che molto dipenda da Florenzi e Pjanic). Lo sappiamo: la Roma esiste, è se stessa, solo se attacca, se fa un gol più degli avversari. La difesa non è il suo pane: «E qui bisogna sempre vincere, altrimenti l’insoddisfazione dilaga».
Torna in Garcia il tema dell’ambiente, con in arrivo un derby senza curve e quella permanente malìa popolare che porta la gente giallorossa a sentirsi troppo innamorata e per questo sempre “facile al lagno”, come diceva Gassman-Brancaleone. Squadra che vince non si cambia? Poteva essere un’idea alla faccia del mito del turn-over. Ma Iago Falque non sta bene.