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LA REPUBBLICA Roma, una notte di follie. Rimonta, dà spettacolo ma il finale è del Bayer: 4-4

Dzeko
Dzeko

(E. Sisti) – Che partita pazzesca, che bellezza e che tristezza. Quante emozioni, eppure quanta rovina calcistica, quanti miracoli e quanti disastri concentrati in pochi sbarellanti minuti, come se gli attori volessero rispettare un equilibrio nell’offrirsi agli “oooohh!” e agli applausi. Non basta la scusa della stanchezza per la Roma. Forse solo per il masochistico piacere di buttarsi via i giallorossi hanno potuto, solo loro sanno come (o forse nemmeno loro,) distruggere un capolavoro calpestando quel quadro che già stava per essere esposto in un grande museo, quelli dei ricordi imperituri, bruciando un secondo posto come fosse carta straccia.

Dal 0-2 a 4-2, da 4-2 a 4-4, per finire col Chicharito che manca il clamoroso 5-4.Una partita che ha avuto il sapore di un romanzo scritto benissimo e i romanzi scritti benissimo spesso contengono la vita com’è per davvero e la vita vera non fa sconti, può essere dolce e amara al tempo stesso, piangi e non ti accorgi che stai mescolando le lacrime della felicità e quelle della rabbia. Una partita con i suoi inevitabili alti e i suoi sconcertanti bassi, soprattutto tattici, tecnici, di concentrazione, un’onda di qualità durante la quale Roma e Bayer hanno comunque saputo offrire uno spettacolo d’arte, la piccola arte che due squadre non perfette, con difese allarmanti, possono permettersi di esprimere se decidono di confrontarsi a viso aperto, mettendo in mostra pregi e non preoccupandosi troppo di nascondere i propri difetti, incarnati dai tremendi centrali Tah e Rüdiger. E pensare che fino a un certo punto sembrava che Pjanic avesse ancora una volta risolto il problema. Pareva aver messo il sigillo a una rimonta esaltante, con la sua punizione, che ormai è un calcio di rigore, aveva strappato i tre punti dalla cassaforte delle aspirine tedesche, costringendo i giocatori del Bayer a far uso del loro farmaco. Ancora Pjanic innesca l’azione del 2-4, quando ormai il Bayer sembra la Volkswagen: l’inganno di spacciarsi per forte e sano pare gli si sia ritorto contro.
Tutto in uno spettacolare alternarsi di eventi belli e atroci, tragici e festosi. La reazione giallorossa al 2-0 iniziale è stata spaventosa, così vera e intensa, e così maledettamente concreta, da far passare in secondo piano i difetti che l’avevano provocata e resa indispensabile (la balbuzie difensiva, la partenza choc). E’ stata una ribellione al destino, qualcosa che sapeva di calcio lontano, arrembante, di una voglia antica. Come a Borisov, anche a Leverkusen la Roma era subito scesa in cantina. Il Bayer sembrava un Bate con più qualità in avanti, meno soldatesco nei movimenti, ma maledettamente buono dalla cintola in su. Con i suoi artigli metallici, calato nei panni del Chicharito, Freddy Kruger graffiava il volto di una squadra già sfigurata di suo, apparentemente impresentabile in Europa. Un rigore e una dormita. Doppio Chicharito in meno di venti minuti.
Il doppio De Rossi, con due palle sporche, rovescia la storia, trasformando la preda in cacciatore. La Roma ritrova la carica, pareva un sveglia rotta, invece la manovella per far ripartire le lancette che segnano il tempo della Champions funziona ancora. Ripresa. All’8’ Gervinho fa tutto bene,semina giocatori e dubbi e poi tira addosso a Leno: forse era più facile segnare forse. E’ qui che la storia si fa pulp. Pjanic, Falque, Kampl, Mehmedi. Per la Roma non c’era altra partita all’infuori di questa, una partita a squarciagola, ballando sull’orlo del vulcano. Però non è bastato nemmeno il doppio vantaggio. La Roma ha perso, poi vinto, poi sofferto, poi stava per trionfare. E poi ha riperso, Perché questo pareggio è una sconfitta nel cuore e in classifica.

 

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