(E. Sisti) – La spesa da fare per diventare “europei”: ottimismo, ossigeno, applicazione tattica, carboidrati, continuità in una sola partita, approccio iniziale, confidenza nei propri mezzi, fiducia nel modulo e nei compagni, aggressività, movimenti difensivi ripuliti da qualche amnesia, lucidità nel gestire il pressing alto, varianti a disposizione pronte per essere utilizzate, visione di gioco a difesa avversaria schierata, contropiede. Bisogna andare dritti al bancone giusto, forse un carrello solo non basterà: «Dobbiamo essere qui e adesso, con tutti noi stessi, con la forza che abbiamo, le nostre idee, la nostra vitalità, dobbiamo concentrare in pochi attimi il patrimonio qualitativo sul quale questa Roma è cresciuta giorno dopo giorno, non c’è altra via, non ci sono altre strade che portano dove vogliamo arrivare: abbiamo la possibilità in pochi giorni di risollevarci in coppa e di andare in testa alla serie A, ma non dimenticate che stiamo crescendo, abbiamo giocatori che conoscono la Champions, altri no».
Dopo gli errori di valutazione ammessi dopo Borisov, “allontaniamo presunzione e leggerezza”. Tutto questo la Champions non lo sopporta, se ti vede molle ti ammazza. Invece la Roma vuole scoprirsi matura e continentale, e proprio nella serata in cui tutto si potrebbe riaprire o tutto potrebbe precipitare. Un pareggio non basterebbe, forse ingannerebbe. Per andare avanti bisognerebbe togliere sei punti ai tedeschi, accettare un’eventuale sconfitta a Barcellona e poi arrivare all’Olimpico col Bate che magari ti basta un pareggio. La Roma non vince in Champions dal 5-1 al Cska Mosca, un evento ammantato di leggenda, talmente lontano che qualcuno, scherzando, twitta: “Ma sì, lontanissimo,…c’era ancora Spalletti!”. E la Roma non vince in Germania dal dicembre del 2000, quando in Uefa Aldair, Delvecchio e Samuel firmarono lo 0-3 all’Amburgo. Garcia non sa se il Leverkusen, che il tecnico Schmidt annuncia bellicoso («andremo a pressare alto, saremo spietati»), sia l’avversario giusto per invertire la rotta: sa solo che è l’unico avversario di cui preoccuparsi: «Abbiamo analizzato tutte le 14 partite da loro disputate in stagione: posso dire che molte cose nel loro gioco tornano, come abbiamo visto contro la Lazio, hanno dei punti fissi, hanno soluzioni che funzionano. Ma non è una squadra perfetta, non esiste la squadra perfetta ».
Florenzi sogna una Roma autorevole: «Abbiamo le doti per riuscirci ». Ma le doti non sempre scendono in campo con i ragazzi. A volte, distratti, se le dimenticano a casa, nella borsa, nell’armadietto: «Le parole chiave sono equilibrio e concentrazione». La parola che le riassume è testa. Invocando svolte Garcia mescola le carte dei moduli, che l’ultima Roma alterna con alterne fortune (stasera un 4-1-4-1 di partenza?). I primi venti minuti potrebbero essere cruciali, come a Borisov. Ma per chi? Potrebbe essere importante sfuggire al pressing con lanci lunghi verso le frecce offensive, mostrarsi duttili e aggressivi. Questa Champions giallorossa piena di condizionali avrebbe tanto bisogno di certezze. Anche una sola sarebbe sufficiente: ma stasera.