(D. Stoppini) – Edin Dzeko è uomo da vetrina. E in vetrina s’è messo. E la faccia ci ha messo, quando si è trattato di scegliere il proprio futuro in estate. Quando c’era chi lo ammirava per la straordinaria capacità di far salire la squadra, e lui raccontava che «sì, lo so, ma io sono stato comprato per segnare, mi pagano per fare gol». Dzeko allora a Roma è pure la critica di chi lo rimprovera di non essere ancora abbastanza decisivo. Ma è pure un numero, il bosniaco. Poker di gol consecutivi, almeno a questo è servito quel colpo di testa a tempo scaduto di Barcellona. È servito ad allungare una serie aperta che vale come un simbolo, un’ancora in un mare un bel po’ mosso. Ma la voglia è tanta: è lui ad esempio che va a prendersi persino i rigori, lui che rigorista in carriera non è mai stato: ne ha tirati 12, sette segnati e cinque sbagliati, troppi per definirlo implacabile, abbastanza per far capire che pur di segnare è disposto a tutto. Tra una settimana si sarà capito se la Roma avrà avuto la forza di rialzarsi dalla batosta di Barcellona. E se Dzeko avrà alllungato la serie arrivando a cinque partite consecutive in gol. Perché una volta, solo una, è riuscito ad andare oltre il quattro. Con il Wolfsburg, nel 2009, segnò nelle ultime cinque giornate di Bundesliga. E quel campionato lo vinse.