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GAZZETTA.IT Medel segna e si fa male, poi Handanovic salva

Dzeko
Dzeko

(V. Clari) – Bisognerà cominciare a pensare che quello dell’Inter non è un gioco deludente, ma un nuovo modo di giocare. Bisognerà storcere meno il naso e fissare gli occhi sulla classifica. Inter prima, capolista, Roma che torna a casa senza punti e senza gol, lei che arrivava con una media di 2,5 gol a partita. Quasi a voler sottolineare la sua “alterità” rispetto alle convinzioni di noi “vecchio stampo”, che ci aspettiamo da una capolista più di un paio di occasioni create a partita, l’Inter vince il big-match rinunciando al suo bomber, Icardi (panchina punitiva post esternazioni? Mancini smentisce). E propone come faccia del match quella del Pitbull Medel, uno che ha dovuto aspettare 45 gare di A per segnare il primo gol.

MEDEL E HANDA — Decide Medel, al 31’ del primo tempo, con un diagonale di destro rasoterra, dopo una bella giocata di Jovetic: tiro che rimbalza un paio di volte prima di infilarsi in porta, con la collaborazione di un Szczesny che va in tuffo al rallentatore. Tiro da tre punti, massimo risultato con sforzo offensivo minimo, se consideriamo che il portiere polacco viene impegnato in 90’ solo altre due volte da Brozovic (fra i migliori) e da Perisic nel confuso finale coi giallorossi in 10. Per la riuscita del progetto del “nuovo gioco” manciniano è decisivo Handanovic. L’unica volta che ha toppato sono arrivate 4 pappine viola, stasera le prende tutte: su Dzeko, due volte di testa, su Pjanic, da fuori, su Salah in uno contro uno e su tap-in ravvicinato. Quando non basta la quadrata struttura interista, ci pensa Handa.
ROMA INCARTATA — E dire che la Roma piomba San Siro con il piglio della capolista: il tridente è classico per un paio di minuti, poi Gervinho e Salah si mettono a pestare le stesse zolle della fascia destra, col chiaro intento di far ammattire Nagatomo. La cosa sembra funzionare, di lì i giallorossi sembrano poter sfondare, ma Maicon sfrutta gli spazi una sola volta e le occasioni migliori capitano a Dzeko, che pure non pare proprio nella forma “da City”, quando entrava e puniva (c’è chi rimpiange il 40enne Totti). Florenzi e Pjanic si scambiano di posto, ma la mossa non crea effetti dirompenti, tutt’altro. La Roma ha fiammate di grande pericolosità, Gervinho porta a spasso i difensori, ma la prevista superiorità in mezzo non si verifica (anche perché De Rossi è out). Il finale senza Pjanic (rosso per doppia ammonizione, salterà il derby con la Lazio) è confusionario, il pareggio non può arrivare. I progetti da dominatrice del campionato tornano in soffitta: bisognerà sudare, e maturare di testa, anche in Italia. Non solo in Europa.
MOSTRO INTER — L’Inter, chiamata alla risposta alle domande sul gioco contro una grande, viene piazzata da Mancini con un modulo speculare rispetto ai giallorossi: 4-3-3 come a Bologna, ma con sei uomini diversi. Linee compatte, squadra spesso arretrate e ripartenze saltuarie, ma efficaci. Fa rumore la rinuncia a Icardi (in panca gli arriveranno ancora meno palloni del solito), a favore di un tridente in cui Jovetic deve tenere palla e far salire le ali Perisic-Ljajic. L’altra mossa a sorpresa è lo scongelamento di D’Ambrosio (0 presenze fin qui): scelto perché terzino di ruolo, diligente e decisivo al 23’ quando si oppone al tap-in a botta sicura di Dzeko. Insomma Mancini fa scelte coraggiose e le azzecca. Incarta il miglior attacco del campionato e dopo undici giornate si ritrova in vetta: non è uno scherzetto da Halloween, perché dura da un po’. Il mostro interista non sarà bello da vedere, ma inizia a mettere paura. Margini di crescita importanti: e detto dall’alto di 24 punti, incute ancora più timore.
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