(S. Carina) – La mano di Rudi c’è e si vede. Come in avvio di stagione è stato giusto rimarcare alcuni errori del tecnico (eccessivo turnover, qualche formazione sbagliata e difesa troppo permeabile) ora gli va dato merito di aver cambiato volto alla squadra e di aver ripreso la leadership del gruppo. Lo si intuisce da minimi particolari. Domenica, ad esempio, l’abbraccio più affettuoso al fischio finale non l’ha dato al pupillo Gervinho, a Dzeko o a “capitan” Nainggolan ma a Szczesny. Sì, proprio al polacco che aveva bacchettato a Milano, asserendo che il tiro di Medel non era stato certo di Neeskens e alludendo quindi ad un errore.
L’EQUILIBRIO – Ma Garcia è tornato al centro del villaggio, correggendo in corsa alcune (sue) convinzioni d’inizio stagione. Tra queste, l’eccessivo turnover delle prime giornate che anziché far rifiatare i calciatori, stravolgeva l’assetto della squadra. Cinque sostituzioni a Frosinone, sei col Sassuolo, altrettante con la Sampdoria. Ora cambia molto meno: uno, due elementi. Così facendo concede fiducia allo stesso blocco e ha trovato l’undici che gli dà più garanzie. Quante volte ci si è chiesti quale fosse la Roma titolare? Ora la risposta a questa domanda esiste. E qui entrano in gioco i meriti tecnico-tattici dell’allenatore. Rudi – nonostante il pressing mediatico pro Castan – ha insistito su Ruediger e Manolas. E alla fine sta avendo ragione lui. Con molto tatto, ha più volte cercato di far capire come dietro la sua decisione non ci fosse nessun retro-pensiero sulle condizioni del brasiliano. Quella di Ruediger è una semplice scelta tecnica: sta meglio di Castan, quindi gioca. In quest’ottica l’ennesimo salto di qualità agli occhi dello spogliatoio lo ha compiuto al derby. Alzi la mano chi non credeva che avrebbe comunque puntato su un paio di elementi di personalità (tra De Rossi, Florenzi e Maicon) benché non fossero al top? Bene, Garcia ha smentito tutti. Ha fatto giocare chi (Torosidis, Vainqueur e Iago Falque) in quel momento gli dava più garanzie fisiche, cambiando di conseguenza l’assetto. Con un po’ di ritardo, ha capito che Vainqueur fatica se deve fare l’intermedio in un centrocampo a tre. Meglio quando giostra mediano in un 4-2-3-1. Detto, fatto: per 90 minuti, l’affezionato 4-3-3 è andato in soffitta e spazio al modulo che rese celebre l’esperienza in giallorosso di Spalletti. Ma le modifiche tattiche non sono finite qui. La Roma, al netto del modulo scelto, ormai è tornata a giocare con un mediano davanti alla difesa. Così facendo subisce molto meno. Il reparto difensivo poi, ha alzato il raggio d’azione di almeno una decina di metri. Il che porta la squadra a difendere più alta e ad essere inevitabilmente più corta. L’ultima vittoria di Garcia è quella di essere riuscito a far convivere due contropiedisti (Salah e Gervinho) con un attaccante (Dzeko) che riempie l’aria di rigore. Impensabile ricordando il debutto di Verona, scontato avendo negli occhi le ultime gare. A turno l’ivoriano e l’egiziano tornano a coprire, senza contare il prezioso lavoro di Edin. Sacrificio ed equilibrio il mantra tattico di Rudi che anche Iago Falque, in marcatura su Biglia nel derby, ha dimostrato di aver capito. Piccoli, grandi cambiamenti che hanno portato la Roma a vincere 7 delle ultime 8 gare di campionato. Non a caso.