(U. Trani) La qualificazione è a un passo. Proprio come la resa dei conti. Basta vincere il 9 dicembre contro il Bate all’Olimpico, per andare agli ottavi di Champions, mettere altro cash nel forziere giallorosso e buttarsi alle spalle l’ultima umiliazione. Se l’obiettivo minimo, però, non sarà centrato, il ribaltone sarà l’unica via percorribile. Rischia, più degli altri, Garcia, il bersaglio più facile da colpire. E’ nel mirino da tempo, abbandonato al suo destino già prima dell’estate e ormai sfiduciato, in alcuni casi pubblicamente, dalla proprietà Usa, Pallotta e i suoi consiglieri, dai dirigenti italiani, per primi il dg Baldissoni e il ds Sabatini, e anche da gran parte dei giocatori, senatori e giovani, per motivi diversi e più o meno comprensibili. Il francese, dopo il 6 a 1 del Nou Camp, si gioca il posto e in assoluto il futuro nelle prossime 5 gare (6 se si conta la sfida di Coppa Italia che dovrebbe essere in calendario a metà dicembre): in casa con l’Atalanta (domenica prossima), in trasferta con il Torino (sabato 5 dicembre), all’Olimpico con il Bate (mercoledì 9), al San Paolo con il Napoli (domenica 13) e ancora a Roma con il Genoa (domenica 20). Dentro o fuori, da qui alla pausa di Natale. Ma se va via il tecnico, il fallimento coinvolgerà pure il management italiano.
SEPARAZIONE ANNUNCIATA – Incredibilmente è stata ammainata la bandiera della presunzione che, a Trigoria, sventola ormai quotidianamente da 4 anni e mezzo. Nessuno stavolta ha potuto negare l’evidenza, come è sempre accaduto anche nel recente passato, quando ogni errore è stato insabbiato, magari esaltando, per sviare l’attenzioni dai problemi reali, iniziative che poco hanno a che vedere con il calcio. Nessuno, dopo la figuraccia contro il Barça, ha avuto il coraggio dire che non è successo niente. Perché il ko vergognoso di martedì sera ha fatto imbestialire Pallotta. E la telefonata a Zanzi, a caldo, è diventata l’aut aut per dirigenti e allenatore. «Inaccettabile» la definizione che il presidente ha trovato per la sconfitta. Perché non ha mai chiesto di vincere contro il Barça, ma perdere in quel modo proprio non gli è andato giù. L’immagine del club, da esportare nel mondo, è crollata proprio come contro il Bayern di Guardiola che, il 21 ottobre 2014, umiliò i giallorossi: 7 a 1 all”Olimpico. Di qui l’intervento, inquadrato da Mediaset, di Sabatini, svelto a chiedere, per conto del Capo, spiegazioni a Garcia. A brutto muso o coccolandolo, poco conta. Il francese ha dovuto chiarire al ds (a dicembre ne parlerà pure di persona con Pallotta che verrà nella capitale) come mai la Roma ha alzato il fazzoletto bianco prima di entrare in campo. In discussione più la preparazione della partita, contestata apertamente anche da Maicon e Florenzi, che la scelta degli interpreti.
CRESCITA ZERO – Garcia non è imputato per caso. Si è capito prima che la stagione iniziasse, quando ha accettato il ridimensionamento di ruolo: via il preparatore atletico di fiducia e al tempo stesso escluso dalle strategie di mercato. «Allenatore e basta» l’input di Pallotta per la felicità di Sabatini che fa e disfa la Roma dal 2011. Il francese, per non rinunciare a 2 milioni e 800 mila euro netti all’anno (fino al 2018), si è messo in riga. Ha parlato meno (di scudetto), è ha cercato di fare di più. Al momento non ne è stato capace. La Roma, quarta in campionato, è fragile psicologicamente e tatticamente. Dopo 2 anni e mezzo, l’identità non esiste, si sopravvive con l’anarchia. Le punizioni di Pjanic e le accelerazioni di Salah e Gervinho. Soluzioni che bastano in Italia, non in Europa. La difesa, 31 gol subiti in 18 gare, è il tallone d’Achille. Sono più giustificabili i 6 gol presi dal Barça di Messi e Suarez che i 3 incassati dal Bate e i 4 subiti dal Bayer. Black out, dunque, pure a Borisov e a Leverkusen: colpa dei singoli impreparati e delle esercitazioni insufficienti. Non basta piazzare 10 uomini sotto la linea della palla per non prendere gol o incassarne uno meno dell’avversario. Può andar bene una volta (come a Firenze), non sempre. Improvvisazione, difesa alta contro il Barcellona, è uguale a disperazione. Sarri in 4 mesi ha dimostrato che anche con Koulibaly e Ghoulam non si possono prendere gol (in campionato: 0 nelle ultime 5 gare, 2 in 10; in Europa League: 1 in 4): scarsi fino all’anno scorso, ora semplicemente addestrati. Chissà se imparerebbero pure i difensori chiamati a Trigoria da Sabatini.