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REPUBBLICA Roma-Lazio, il derby misura le ambizioni

Florenzi
Florenzi

(G. Cardone/E. Sisti) Giochiamoci questa tripla, viva il pallone, viva la pelle d’oca del derby. Messo in secondo piano da tutto ciò che lo circonda e lo condiziona, il calcio romano vorrebbe tanto che si parlasse solo del bello che può offrire, che si discutesse di tecnica e non dei misteri, non dei veleni di quei pochi che non ci saranno e che si sentono i padroni del sistema, che diffondono ansia e alimentano disamore, trasformando questo sport in una scatola vuota. Nel derby delle curve disertate e dei danni economici (alla Roma l’assenza della Nord costerà un mancato incasso di 642.500 euro), quelli che sentono ancora il brivido in purezza magari sono costretti a vergognarsene, conoscono la paura del derby, ma la loro è solo la paura di perderlo, una paura sana, mentre di sano fuori, in questa seducente città maledetta, c’è sempre meno. Piazza di Spagna sarà blindata e per la gioia del Questore arriveranno 50 fra ultrà del West Ham, del Madrid e del Wisla. Loro sì e, per motivi di sicurezza, il presidente Pallotta no. E’ come se questa partita, leggendariamente destinata a dividere, non trovasse più un modo per calare la sua particolare natura in una dimensione di normalità culturale e sociale. Provando a ricostruire una dicotomia sana e reduci da due sconfitte, Roma e Lazio ogni tanto beccheggiano: «Se siamo noi stessi vinciamo», dice Garcia, cui Pioli ribatte che «sì, la Roma, per quello che ha speso, ha il dovere di vincere».

Entrambi hanno problemi di continuità e identità, entrambi sono obbligati a gestire reparti difensivi che non si può certo definire ineccepibili (e alla Lazio mancherà a lungo De Vrij), entrambi esprimono gioia negli spazi, con Salah, Gervinho, Candreva (se torna lui), Anderson. Chi regalerà spazio potrebbe pagare. Garcia, che recupera forse dall’inizio Keita e Florenzi, non è preoccupato dello sforzo: «Stiamo bene, anche i nostri avversari hanno avuto lo stesso ciclo di sette partite in tre settimane. Abbiamo avuto quattro giorni per recuperare e poi, quando si vince, si recupera prima e meglio». Pioli, che ritova Parolo, perno multidirezionale del suo gioco, ha risparmiato a molti titolari la trasferta di Europa League in Norvegia: «Per noi può essere la partita della svolta: se vogliamo diventare grandi, sono questi gli appuntamenti da non fallire. Vedo la giusta miscela di concentrazione e determinazione».

Saranno decisive le densità mirate a centrocampo e la rapidità del giro palla, per il quale la Roma soffrirà l’assenza di Pjanic squalificato, un Pjanic mai tanto centrale nelle dinamiche giallorosse. Assente il bosniaco, Garcia potrebbe essere tentato di impostare un calcio più risparmioso, Pioli potrebbe accettare la sfida a chi aspetta meglio. Potrebbe essere una partita mentale, di tensione tattica, scacchi più pallone, a prescindere dalle scelte sugli interpreti. E allora diventerebbero cruciali un errore individuale (di cui Roma e Lazio non sono esenti) o la giocata di un singolo. Occhio ai dettagli e occhio alle palle inattive. In campionato la Lazio non vince il derby dall’11 novembre 2012. La Roma ha vinto l’ultimo, quello di Yanga-Mbiwa, che la confermò secondalo scorso anno a maggio. E oggi si prega cortesemente di divertirsi.

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