I fischi e gli insulti dell’Olimpico. È questa la sconfitta peggiore per la Roma americana, partita cinque anni fa con tante idee e caduta adesso al minimo storico di passione giallorossa. Nelle ultime due stagioni la Roma è arrivata seconda dietro alla Juve: non si può certo parlare di fallimento sportivo. Però è venuta totalmente a mancare l’empatia che la squadra giallorossa ha sempre avuto con il suo pubblico, quello del «la Roma non si discute, si ama».
I motivi sono molteplici: la lontananza di Pallotta, che non mette piede a Roma dal 16 giugno scorso; il mettere sempre il modello business davanti a quello sportivo; il gioco scadente prodotto da Garcia dopo la prima stagione; la bulimia del d.s. Sabatini che conduce campagne acquisti che ogni anno fanno ripartire da zero il gruppo in nome delle plusvalenze; la perdita quasi totale della matrice romana, senza la quale è più difficile per un tifoso affezionarsi; la sottovalutazione dell’importanza di un gruppo italiano.
Ripartire non sarà facile. Si deve iniziare da Torino (la squadra andrà in ritiro da giovedì per preparare la trasferta di sabato). La data segnata in rosso sul calendario è quella del 9 dicembre, cioè la gara contro il Bate Borisov. L’impressione è che Garcia, depotenziato da questa estate, quando il presidente Pallotta gli ha scelto personalmente il preparatore atletico, in questo momento sia un traghettatore fino al termine della stagione. Poi si proverà a convincere Antonio Conte.