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GAZZETTA GIALLOROSSA Garcia-Roma, un anno da incubo: gioco sparito, 19 vittorie in 52 partite

Garcia
Garcia
(D.Luciani) – Minuto 46 del primo tempo di Torino-Roma, palla persa in fase di costruzione del gioco e contropiede 4 contro 4: Belotti calcia alto dal limite dell’area. Damato fischia la fine della prima frazione e le facce dei difensori giallorossi sono tutte un programma. Florenzi guarda in basso sconsolato, Manolas alza occhi e braccia al cielo ringraziando per il pericolo scampato. Rudiger urla in un raptus di rabbia mentre Digne prende fiato in debito d’ossigeno.

Reparti distanti più di 20 metri l’uno dall’altro e poche semplici mosse da parte del tecnico avversario per arginare la farraginosa manovra romanista. Acquah e Baselli francobollati a Pjanic e Nainggolan. “Le mie squadre vincono le partite a centrocampo” disse Garcia nei suoi primi giorni giallorossi. De Rossi e Strootman si esaltavano a vicenda, Pjanic e Maicon, con i movimenti di Totti e Florenzi, costituivano un asse supersonico sulla destra. Benatia e Castan, con il proprio strapotere fisico, anticipavano gli attaccanti sulla linea di metà campo e tenevano la squadra corta, 30 metri o poco più. Quella Roma nell’ultimo anno è sparita, dimostrando solo a sprazzi forza e idee di gioco.

Rispetto al 2014-2015, la Roma è a -7 punti dopo quindici giornate. E -9 se guardiamo al 2013-2014. Con 37 punti oggi la Roma sarebbe prima in classifica con almeno quattro punti di vantaggio sull’Inter.

Dalla stagione scorsa, la squadra ha smarrito identità di gioco, soluzioni offensive e solidità difensiva. Una situazione colata a picco lentamente dopo le sconfitte con Bayern Monaco e Napoli e il pari subito all’ultimo secondo col Cska Mosca. La scorsa stagione venne salvata da vittorie per manifesta superiorità (Cagliari e Cesena), contro avversari senza stimoli (Sassuolo, Genoa e Udinese) o episodiche (Napoli e Lazio). Cocenti furono le delusioni (Roma-Samp 0-2 e le due sconfitte a San Siro con le peggiori milanesi dell’ultimo decennio), le occasioni buttate (0-0 in casa col Parma sull’orlo del fallimento) e clamorosa la doppia eliminazione da Europa League e Coppa Italia sempre per mano della Fiorentina.

Dal 2-2 col Sassuolo del 6 dicembre 2014 al Torino, la Roma ha giocato 52 partite contando tutte le competizioni portando a casa solo 19 vittorie a fronte di 21 pareggi e 12 sconfitte. Una media di 1,5 punti a partita, praticamente come vincerne una e perdere la successiva.

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Senza dubbio, con l’arrivo di Norman e Lippie, è migliorata la condizione fisica: la squadra, seppur tatticamente slegata e al netto degli errori individuali, fronteggia gli avversari lottando fino all’ultimo minuto ogni partita. I problemi risiedono nello smarrimento dei giocatori in campo: sia i movimenti offensivi sia quelli difensivi sembrano improvvisati, non si vede mai due volte lo stesso tipo di giocata se non i cross dalle fasce di Florenzi e Digne che anche una squadra senza allenatore arriverebbe ad eseguire. Alla ricerca di un Edin Dzeko sempre più immalinconito e spremuto dall’estenuante lavoro fisico a cui è costretto battendosi in solitario contro due o tre avversari. Il bosniaco ha sbagliato il gol del raddoppio a Torino al 91′ dopo una partita in cui ha sgomitato costantemente tra Vives, Glik e Bovo.

Persi per infortunio Salah e Gervinho, e con Iturbe volentoroso ma arruffone, Garcia non ha saputo dare un “piano B” magari anche accantonando il dogmatico 4-3-3. Vainqueur ha dimostrato di poter aggiungere un pizzico di dinamismo, rudezza ed equilibrio, ma è finito per essere rispedito sempre in panchina. In campo non si vede uno scambio di posizione tra terzino e ala o una sovrapposizione, non c’è un fraseggio tra due giocatori con inserimento di un terzo uomo. Nessun giocatore ha avuto una crescita tecnica o tattica. Alcuni sembrano subire un’involuzione come Iturbe dal suo arrivo o Iago Falque nelle ultime uscite.

Bate e Napoli daranno risposte in caso di mancata qualificazione e sconfitta. O portare Garcia al 2016 ancora sulla panchina della Roma concedendogli l’opportunità di guidare la fuoriserie (sulle strade italiane) messa a disposizione da Pallotta. Che osserva fiducioso. Forse troppo?

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