(S. Carina) – E ora non resta che sperare in Gervinho. Sì, proprio lui, che la Roma aveva deciso di cedere. Perché c’è una squadra con l’ivoriano e una senza. In nove gare di campionato con Gervinho titolare sono arrivate 7 vittorie, un pareggio e una sconfitta. Totale 22 punti (media 2,4). Senza l’africano dal primo minuto, le restanti cinque partite hanno visto un successo (Juventus), due pareggi (Sassuolo e Bologna) e due sconfitte (Sampdoria e Atalanta): appena 5 punti (media 1). Garcia ci conta, già per sabato. Sa che con l’ex Arsenal disponibile, chiudersi e ripartire in contropiede sarebbe più semplice. Magari sfruttando la propensione offensiva di Peres e punire il Torino proprio su quel lato. Ieri il tecnico ha parlato alla squadra. Trapelano toni un po’ meno concilianti del solito. Rudi è consapevole di essere sempre di più un uomo solo. Chi lo vede da vicino lo racconta come se fosse diventato di gomma. Non s’interessa più di quello che si scrive o si dice, va avanti per la sua strada. Vuole giocarsi le sue carte sino in fondo. Anche perché ha capito da tempo che sarà lui il capro espiatorio da offrire alla piazza se le cose non dovessero andare come ci si augurava ad inizio stagione.
RIVOLUZIONE A GIUGNO Di dimettersi non ci pensa minimamente e sa che il club, a meno di un filotto negativo tra Torino, Bate e Napoli, non sta prendendo in considerazione l’ipotesi di esonerarlo. Anche perché la rivoluzione sarà rinviata a giugno. Il ct Conte (nonostante ieri il presidente della Figc Tavecchio si sia detto certo che rinnoverà con la nazionale) è il sogno. Di Francesco ma soprattutto Emery (Siviglia) gli allenatori ideali che ben si concilierebbero con il modus operandi di Sabatini. Qualora la situazione precipitasse, invece, in pole nelle vesti di traghettatore ci sarebbe più Lippi di Mazzarri. A meno che non si voglia anticipare la rivoluzione. E in quel caso il nome che accontenterebbe la piazza è soltanto uno: Ancelotti, già contattato da Trigoria nella passata stagione nonostante le smentite di rito. In ottica Roma, lo scoglio dell’ingaggio (5milioni di base) raffredda l’ipotesi. Ma l’ultima parola, eventualmente, spetterebbe a Pallotta.