(F. Bocca) E’ probabile che la bufera Roma sia andata anche troppo in là. Gli schiaffi presi dall’Atalanta e dal Barcellona, effettivamente molto dolorosi, hanno scatenato reazioni a catena incontrollate e che hanno rimesso in discussione praticamente tutto. 1) L’allenatore Garcia, prigioniero del suo personaggio da Capitan Fracassa; 2) L’intera squadra che ha perso d’identità; 3) Il costruttore della squadra stessa, il ds Sabatini, che ha trasformato la Roma in un circo di decine di giocatori che vanno e vengono, come se il mercato non servisse prima di tutto a fare una squadra più forte ma a produrre denaro come un’azienda di pomodori pelati; 4) Il presidente Pallotta e la società americana, tutta chiacchiere e distintivo, assente e che dopo 4 anni è a zero titoli, per dirla alla Mourinho. 5) Il pubblico ormai in aperta contestazione, anzi — peggio — in fuga.
Ogni singolo capo d’accusa è reale, preoccupante e ha un senso quasi drammatico. Ma il complesso dà l’immagine di una squadra fallita, finita. E così non è. La Roma può contare sull’orgoglio di giocatori e allenatore, lottare ancora per lo scudetto e passare il turno di Champions League. È assurdo, ma tra il vincere e il fallire la differenza a volte è minima.