(M. Mensurati) John Gotti è morto, ma la Fifa è viva. Il New York Times ci va giù duro. «A leggere il documento del dipartimento di giustizia – scrive in un editoriale il giornale che per primo ha rilevato i dettagli dell’indagine – si ha l’impressione di rivedere il linguaggio dell’atto d’accusa Gambino (la famiglia al vertice della mafia italiana a New York, quella del Padrino, ndr) applicata alla famiglia della Fifa». Insomma, dopo aver costretto alle dimissioni Blatter e messo all’angolo Platini, dopo aver spazzato via uno ad uno l’intera governance del calcio Mondiale, il messaggio che arriva da New York è chiaro: per gli Stati Uniti vale l’equazione Fifa=Mafia.
E non è solo una tesi dei giornali, come dimostrano le parole se possibile ancora più dure, minacciose, del procuratore generale Loretta Lynch («staneremo anche quelli che ora sono nell’ombra a sperare che le indagini non li scoprano») e il contegno aggressivo e implacabile degli agenti dell’Fbi durante le due conferenze stampa in occasione delle retate. Ciò che non è ancora del tutto chiaro è quali siano i reali interessi dell’amministrazione americana. Come del resto si capisce perfettamente dalle parole di un altro inquirente, il procuratore Kelly Currie: «Il calcio internazionale ha bisogno di una nuova partenza, una chance per le istituzioni di governo di fornire una guida onesta a sostegno di uno sport amato in tutto il mondo e sempre di più qui negli Usa. Per questo, voglio esser chiaro. Queste accuse non sono l’ultimo capitolo della nostra indagine».
Indagine che è ancora nel vivo. Partita come inchiesta sugli affari degli ultimi tre anni e sull’assegnazione dei Mondiali a Russia e Qatar, l’indagine si è estesa per ora in modo retroattivo illuminando «un sistema di potere di 24 anni» e focalizzandosi su quella che può essere definita la “cupola sudamericana” ai cui vertici sedeva gente potentissima, come Ricardo Teixeira – ex genero di Havelange, già al centro di scandali in passato -; Hector Trujillo, segretario della federazione del Guatemala, giudice di corte costituzionale: l’hanno arrestato nella cabina di una nave ancorata a Port Canaveral, in Florida; Rafael Callejas, che per quattro anni è stato anche il presidente della Repubblica in Honduras. Pezzi da novanta che però sarebbero solo preludio ai prossimi passi, quelli che, con ogni probabilità, metteranno una pietra tombale sulla Fifa per come la conosciamo oggi e, soprattutto, sui mondiali in Qatar. Che, in molti sono pronti a scommetterci, si terranno in America. Potrebbe essere questa la risposta – o almeno una parte della risposta – alla grande domanda sul perché tanto furore da parte di Fbi, magistratura e stampa Usa.