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LA REPUBBLICA Roma avanti tra i fischi, anche il Bate la spaventa. Il Barça regala gli ottavi

Rudi Garcia
Rudi Garcia

(E. Sisti) Allegria, la Roma è agli ottavi, ma tutti fischiano e cantano delusi “ciavete rotto er c…o!”. Allegria, non era mai successo nel calcio moderno che una qualificazione venisse festeggiata col dissenso. Arriveranno 20 milioni, allegria per qualcuno forse, ma la gente è arrabbiata e non ci pensa e se ci pensa se ne frega. Non è detto che superare un turno possa, almeno a caldo, e soprattutto dopo aver visto la Roma di ieri, generare emozioni, senso di appartenenza, felicità. Solo rabbia, solo voglia di gridare: “Non ve lo meritate”. Agli ottavi la Roma ce la portano di peso Wojciech Szczesny e Ter Stegen che a 30 secondi dalla fine di Leverkusen-Barcellona fa un capolavoro sul Chicharito. Ma torniamo all’Olimpico. Al 22’ del secondo tempo, mentre la squadra è in drammatico affanno dalla parte di Florenzi, il polacco toglie a Gordejchuk, che era a tre metri, e al Bate, la rete che avrebbe cambiato la loro storia (poi si ripeterà con Mladenovic al 33’). La Roma è seconda sbandando nel finale come una corriera con le gomme a terra, è seconda ma per come ha vissuto queste sei partite di Champions, per ciò che ha espresso, per questo squallido 0-0 finale, per l’entusiasmo che ha bruciato tra i suoi appassionati (ieri solo 26 mila), è come se fosse un po’ meno seconda delle altre. È fra le migliori sedici d’Europa ma nel salotto buono ci arriva mettendo quattro falangi fra stipite e battente prima che il valletto chiuda la porta della stanza dei grandi dimenticandosi di lei: appena 6 punti, una montagna di reti subite (16), più un’imbarcata, più una vittoria esterna dilapidata e quasi trasformata in sconfitta, più i balbettamenti del club, la confusione tattica, la miseria del tutto.

La manfrina di Gervinho in formazione titolare è emblematica. L’ivoriano si riscalda e torna negli spogliatoi scuotendo la testa. Semplice: non avrebbe dovuto giocare a Torino. La partita inizia e finisce in un clima surreale. Nei primi minuti sembra di giocare in uno studio di registrazione senza musicisti. È una sfida quasi incorporea (non ci saranno ammoniti), come se non ci fosse nulla in palio. E comunque la Roma sarebbe qualificata anche da brutta. Le squadre più che muoversi si sballottano da una metà campo all’altra e così il pallone che segue traiettorie sempre oblique al buon senso e così alcuni giocatori che mancano stop elementari. Per vincere il Bate dovrebbe cominciare a tirare in porta (sembra la Roma del primo tempo col Torino). Sa quello che dovrebbe fare, diversamente dalla Roma, che improvvisa. Però non ha attacco, mentre la Roma si limita a non avere un gioco. Le due evidenti debolezze in campo sono accumunate da una collettiva ritrosia a non trovare l’ultimo passaggio: si può anche chiamare scarsa qualità. Dzeko si divora il vantaggio al 2’ della ripresa (compensato dal bel numero fra due difensori al 4’). È ancora Dzeko che Florenzi asseconda al 6’ per l’occasione più nitida. La Roma tenta accelerazioni ma si sfianca subito e rischia di perdere. Il Bate cambia modulo e aggredisce col 4-2-1-3, il tempo stringe, ma stinge anche, nessuno è più lucido in campo, c’è molta frenesia, foga, anche paura. Dopo la paura di Gordejchuk e il miracolo di Szczesny, occasioni giallorosse. Poi solo fischi a salutare alla rovescia il “ce l’abbiamo fatta”. L’ambiente è scollato. Adesso sorteggio. Tranquilli, ragazzi, sono tutte squadrette…

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