(U. Trani) Profondo giallorossonero. Che, a pensarci bene, più triste di così non si può. Perché, senza nemmeno dover guardare lo stadio che resta deserto (solo 7 mila biglietti venduti) e la classifica che non piace a nessuno, siamo al punto che, alla fine del girone d’andata, nella notte dell’Olimpico c’è in palio solo la panchina. In questo senso Roma-Milan è addirittura sfida salvezza. Per Garcia e Mihajlovic. Chi perde stasera, è fuori. Ma non è detto che il rischio sia esclusivamente per uno dei due. Potrebbero cadere entrambi, con il pari. Pallotta e Berlusconi sono più vicini che mai nella decisione ancora sospesa nell’aria e sempre spendibile. Le speranze del francese e del serbo dipendono dai propositi dei dirigenti dei rispettivi club, Baldissoni e Sabatini da una parte e Galliani dall’altra. Che, avendo lo stesso obiettivo e cioè di convincere Conte dopo l’Europeo, prendono tempo da qualche settimana, lasciando Spalletti e Lippi, il primo pronto a tornare a Trigoria e l’altro a spostarsi aMilanello, in stand by.
QUESTIONE APERTA È sempre più complicato, quando di mezzo ci sono la Roma e il Milan attuali, soffermarsi solo sulla partita. Eppure mai e poi mai dovrebbe passare in secondo piano. Il risultato condiziona il futuro delle due società che, prima o poi, si dovranno pronunciare sui loro allenatori. Delegittimati dalle proprietà deluse e abbandonati ai ricchi destini. Basta sentirli parlare per capire in che vicolo cieco siano finiti. Garcia, per quanto disteso in pubblico, ammette di aver scelto la comunicazione neutra che a quanto pare appartiene a chi fa cilecca. E alza le mani: non si può proprio permettere di rimettere lo slogan al centro del discorso. E’ diventato l’uomo che non può chiedere mai. Spot che non è certo di successo. Mihajlovic, invece, recita spavaldo e prova a dire che è pronto al duello tra pistoleri. Ma, come sciaguratamente spiegò Sabatini dopo il successo della Roma sul Genoa dimezzato, bisogna star tranquilli: non «scorrerà sangue». Se non fa freddo, «venghino, venghino…» pure i bambini: all’Olimpico si usano armi giocattolo, con tappi di sughero o caricate ad acqua.
STATO DI CRISI È, insomma, derby. Ma tra precari. I tecnici sono da tempo in disgrazia. Ormai anche il pubblico è stanco di loro. Senza mettere pressione, però. Allo stadio, qui e al Meazza, vanno di solito 20 mila persone. Che non fanno paura a nessuno. La Roma, anche se è davanti in classifica, ha addirittura deluso fin qui più del Milan che, orgogliosamente, è tanto italiano. Garcia ha raccolto 7 punti in meno del torneo scorso, con 21 gol presi in 18 partite che confermano gli errori estivi di mercato e gli scarsi addestramenti tattici. In campionato 1 successo in 6 gare, flessione che ha certificato il 5˚ posto a 6 punti dall’Inter capolista e a 5 dalla Fiorentina e dal Napoli. L’andamento è sempre più incerto: un anno fa (non un secolo) 2˚ posto a 3 punti dalla Juve prima. Mihajlovic ha incredibilmente conquistato 2 punti più del collega giallorosso nelle ultime 5 gare (8 contro 6) e, tornando 12 mesi indietro, di Inzaghi, lontanissimo dalla vetta già al 18˚ turno (meno 17). Ma non può avere nel mirino la zona Champions che oggi è distante 10 punti. E che, come invece dicono ufficialmente via radio da Trigoria, è la «missione aziendale da non bucare».
DIRITTO DI PROPRIETÀ I numeri inchiodano i tecnici e i dirigenti. Le strategie, in campo e in ufficio, non sono risultate efficaci. Gli interventi sul modulo e sul mercato spesso incomprensibili e deleteri. Ogni mossa, come ogni spesa, può far peggiorare la situazione. In partita e nel bilancio. La Roma oggi ritrova Totti dopo 105 giorni e recupera Nainggolan. Pjanic, De Rossi e Salah. Tra i 23 convocati, sono 3 i Primavera e non più 5 come mercoledì contro il Chievo. Garcia, a Verona, ha portato solo 22 giocatori (con 3 portieri e De Rossi a far numero in panchina). Stasera avrà più scelta: restano fuori lo squalificato Dzeko e gli infortunati Keita e Uçan, insieme con il convalescente Strootman. A Mihajlovic, senza nemmeno più contare Balotelli, mancheranno Alex, Menez e Cerci. Andando sul concreto, nessuno dei due si può aggrappare agli assenti di turno, non è consentito loro da Pallotta e Berlusconi, ma solo ai volgarissimi 3 punti. Senza se e senza ma. Il francese per rientrare nella corsa scudetto, il rivale per giocarsi, mercoledì a Milano contro il Carpi, il quarto di Coppa Italia.