(A. Angeloni) – A Si è gridato alla resurrezione: un De Rossi così era da tempo che non si vedeva. Tonico, reattivo, capello corto vecchio stile, l’assist poi una specie di gioiello. Daniele, e siamo in attesa di conferma a Torino con la Juventus, contro il Verona ha provato a prendere per mano la squadra, con l’energia e la lucidità dei giorni migliori. Almeno il primo tempo è stato molto buono, palla-gol a Nainggolan a parte. I più maligni hanno subito evidenziato come, quel tipo di prestazione, fosse conseguente all’allontanamento di Garcia o, meglio ancora, al ritorno di Spalletti. Senza essere troppo maligni, ci sta che valgano entrambe le spiegazioni: Daniele, come tanti altri o forse un po’ tutti, erano arrivati alla fine di un percorso con Rudi e dare più di quello che si stava dando in quella fase era molto difficile, vuoi per volontà vuoi per inerzia, per spontaneità. La presenza di Luciano, al di là della prestazione non certo esaltante di domenica, ha riportato nella testa dei giocatori la voglia di ripartire, di ricominciare da campo, con metodi nuovi e ambizioni rinnovate. E Spalletti sta proprio ricominciando, se non da capo, quasi: le minuziose esercitazioni tattiche (compresa la sperimentazione di più di un modulo), il tipo di lavoro fisico svolto a Trigoria, lo stanno a dimostrare. De Rossi è diventato il primo conducente della squadra, su di lui Spalletti ha riposto la maggior parte delle prime indicazioni da trasmettere in campo ai compagni. La posizione di Daniele è stata anche diversa dal solito, non più (troppo) mortificato tra i due centrali difensivi, ma più mezz’ala: aveva il compito di gestire il pallone insieme con Pjanic e portarlo avanti. Si è visto qualche inserimento in più, sia sul gol, abbiamo detto, con l’assist a Pjanic, sia in occasione del palo di Dzeko, suo il colpo di testa in area (assist involontario). Otto palloni recuperati, quindici i lanci positivi, centoventuno palle giocate e, appunto, un assist vincente, è – per gli amanti delle statistiche – lo score di De Rossi nell’ultimo Roma-Verona.
ALLO STADIUM, FORSE Spalletti ha chiesto a De Rossi di farsi trovare pronto a fare qualcosa di diverso. Col Verona, in un certo senso, lo ha fatto, contro la Juve potrebbe tornare nella posizione che ha occupato anche all’andata, ovvero centrale di difesa. Ma la novità stavolta potrebbe essere che Daniele faccia il difensore con altri due difensori ai suoi lati, come in Nazionale con Prandelli e come non nella Roma di Garcia, dove l’ha fatto in una difesa a quattro. Una novità di sostanza più che di forma (con Luis Enrique aveva fatto il centrale dei tre, guarda caso sempre contro la Juve).
IL PASSATO SI DIMENTICA De Rossi è diventato subito l’uomo in più di Spalletti. Che all’epoca vedeva come un ragazzino a cui frenare l’entusiasmo e l’esuberanza e oggi se lo ritrova uomo maturo e con la fascia di capitano al braccio. Con Daniele i rapporti non erano stati idilliaci alla fine, perché quando un matrimonio si conclude (Spalletti-Roma) ci vanno sempre di mezzo i figli (De Rossi e Totti). Lucio non aveva gradito la battuta fatta in tv da Daniele, che definì Spalletti «l’allenatore del Chelsea» e Totti, secondo il tecnico, non aveva detto nulla quando aveva deciso di dimettersi. Il tutto è andato pian piano in archivio, anche grazie a qualche telefonata chiarificatrice. De Rossi (così come Totti) era felice di stare con Spalletti e oggi lo è ancora di più. Senza alcun rancore da parte di nessuno