(M. Ferretti) – L’interrogativo di tendenza, a poche ore dalla sfida diretta, è il seguente: qual è la vera delusione del campionato, la Roma che in 18 partite ha conquistato 33 punti oppure il Milan che ne ha cinque di meno? Al di là di qualsiasi risposta, la certezza è che sia i giallorossi che i rossoneri stanno viaggiando ad una media che James Pallotta e Silvio Berlusconi non avevano assolutamente messo in preventivo e che, soprattutto, non avrebbero mai voluto riscontrare. Rudi Garcia e Sinisa Mihajlovic, i due allenatori, ormai sono più sopportati che supportati dalle rispettive dirigenze, e le loro panchine – al di là delle rassicurazioni di facciata – sono realmente a rischio. E non v’è dubbio che l’appuntamento di domani sera alle pendici di Monte Mario rappresenti un punto di svolta, in un senso o nell’altro, per entrambi.
CONTE COME OBIETTIVO Il francese è ancora al suo posto perché il management di Pallotta non ha individuato (e convinto) il traghettatore giusto fino al termine della stagione, ma il suo destino appare segnato fin da oggi; il serbo non è stato allontanato, nonostante il pollice verso di Berlusconi, solo perché il Milan già paga un botto di allenatori e nessuno se la sente dimetterne un altro a bilancio. Se non Cristian Brocchi, che guida la Primavera. Magari con Marcello Lippi, con un altro mega-sforzo finanziario. Entrambi sfiduciati, in sostanza. Ma, per ora, intoccabili. Non un bel vivere, se ci pensate bene, al di là del robusto assegno mensile che gli viene accreditato in banca. La cosa curiosa è che sia Roma che Milan pensano ad Antonio Conte per il proprio futuro. La differenza di fondo tra le due squadre è che la Roma aveva cominciato il campionato per puntare a migliorare il secondo posto della stagione precedente mentre il Milan, dopo l’ennesima rifondazione tecnica, in estate aveva manifestato obiettivi meno impegnativi. Un posto in Champions, però, Berlusconi lo pretendeva e continua a pretenderlo, eMihajlovic al momento è lontano assai dal traguardo. Garcia, meno sbottonato rispetto ad una anno fa («Vinceremo lo scudetto»), continua a difendere a spada tratta il proprio lavoro, palesando un ottimismo assolutamente non in linea con il gioco (gioco?) e i risultati espressi nell’ultimo periodo dalla sua Roma. Chi perde domani, ecco il punto, rischia grosso, e il fatto che la partita si giocherà all’Olimpico non sembra esser più di tanto d’aiuto alla squadra di casa e al suo contestato allenatore.
PENSIERI E PAROLE «Io dormo tranquillo», il credo del romanista; «Un leone non può avere paura di una pecora, anzi se lamangia», la parabola del collega milanista. A forza di parole, parole e parole, i due hanno dimenticato di fare i fatti: le rose delle loro squadre non saranno complete e scintillanti in ogni reparto, ma non sono neppure così scarse. Il Milan di Bacca, Niang Luiz Adriano e Cerci ha segnato le stesse reti del Chievo di Paloschi e Meggiorini; la Roma di Szczesny, Ruediger e Manolas ha beccato gli stessi gol dell’Atalanta di Toloi, Masiello e Stendardo. E, di fronte a questi numeri, le responsabilità di chi guida armate da 100 e passa milioni annui di monte-stipendi sono evidenti. «Io non mollo», ha tuonato più volte Garcia; «Io non mollo», gli ha fatto eco Mihajlovic. Fin quando non verranno esonerati, resteranno entrambi ai loro posti. Nel mondo del calcio, del resto, l’importante è anche sapersi turare il naso e tirare via dritti. Pecunia, del resto, non olet