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IL TEMPO Ecco il 2016 dello stadio giallorosso

Progetto nuovo Stadio della Roma
Progetto nuovo Stadio della Roma

(F. Magliaro) Il 2016 dovrebbe portare in dote l’inizio dei lavori ma il percorso per lo Stadio di Tor di Valle è piuttosto stretto. Quel che manca è il d-day, il giorno di partenza del tutto. Andiamo per ordine.

IL DEFINITIVO NON DEFINITIVO Il progetto definitivo è ancora in lavorazione: quello consegnato a giugno scorso, quando Marino ancora non era stato rimbrottato dal Papa né sfiduciato dai suoi, non era il vero «definitivo». Infatti il Comune, dopo averlo esaminato in via preliminare, accompagnò la «girata» del plico in Regione con una lettera che ne segnalava le mancanze a termini di legge. Carenza di documentazione (piano particellare degli espropri, sondaggi geologici, computo metrico estimativo, programma finanziario) e perplessità su alcuni elementi progettuali (metropolitana su tutte ma anche ambiente e proprietà delle aree). E la Regione, ricevuto il plico, ha fatto proprie le osservazioni del Campidoglio, di fatto, rispedendo al mittente le carte. Quindi, tutto il plico è ancora in lavorazione: poco prima di Natale i progettisti delle diverse opere si sono visti recapitare un’email dal Gruppo Parnasi nella quale si chiedevano ulteriori integrazioni documentali, in special modo inerenti la Superficie Utile Lorda (Sul), il parametro, in sostanza, sul quale vengono calcolate le cubature che un progetto può sviluppare.

PERCHÉ I RITARDI? Voci di corridoio, poi, imputano a una sottovalutazione delle norme questo dilazionamento dei tempi di consegna del definitivo. Secondo quanto si apprende, era convinzione dei proponenti che si dovessero consegnare i progetti definitivi di tutte le opere «pubbliche» (metro, ponti, strade, parcheggi) con l’aggiunta dei definitivi di alcune delle private (lo stadio, il convivium e una delle tre torri). In realtà, nel corso di una serie di colloqui in Regione (l’ultimo dei quali con l’assessore all’Urbanistica, Civita, poco prima di Natale) gli uffici tecnici hanno fatto presente che è necessario che siano consegnati i definitivi di tutte le opere: per quelle pubbliche con un livello di dettaglio paragonabile a un progetto esecutivo, mentre per quelle private l’esecutivo potrà essere consegnato anche in un momento successivo. Questo avrebbe aperto un «buco» nella progettazione: mancherebbero, infatti, i definitivi delle altre due torri. E sarebbe quindi questo il motivo per il quale il sospirato progetto finale ancora non arriva. Anche in quest’ottica, si inquadrano le notizie, divulgate da «Libero», di un possibile ingresso di uno dei colossi dell’edilizia, il Gruppo Pizzarotti, all’interno della cordata mentre si parla anche di possibili nuovi ulteriori accordi con il gruppo Salini, altro gigante del settore. E qui arriviamo all’inizio del gioco dell’oca dello stadio.

LA CONFERENZA IN REGIONE Fino a che non arriverà il progetto definitivo non si può aprire la Conferenza di Servizi decisoria, quella che avrà il compito di esaminare ogni dettaglio delle opere e dare il via libera adottando, nel contempo, il testo della «convenzione urbanistica», cioè del contratto fra il privato proponente e il Comune. Al momento della consegna del dossier, il d-day, verrà convocata la Conferenza di Servizi: entro 6 mesi gli oltre 30 diversi uffici tecnici di diversi Enti (Comune, Regione, Prefettura, Atac, Ama, Acea, Soprintendenze varie, Autorità di Bacino del Tevere, e via discorrendo) chiuderanno la pratica. In mezzo, qualora emergessero necessità di consistenti revisioni di parti progettuali, potrà essere concesso un solo «stop and go», una pausa con la sospensione del timer di questi sei mesi. Terminata la fase in Regione, quindi, si passerà alla firma della convenzione urbanistica (mediamente un mese di tempo), con la quale si chiude questa parte dell’iter. Da quel momento, i proponenti potranno iniziare una parte dei lavori. Quali? Le demolizioni dell’esistente ippodromo, la pulizia e la bonifica delle aree, l’installazione delle opere di cantiere. La vera e propria costruzione dell’intero complesso, però, avrà due iter distinti: le opere pubbliche (metro, ponti, strade, stazioni, raccordi) dovranno prima essere messa a gara europea. Quelle private (stadio, nuova Trigoria, convivium, torri e pertinenze varie), invece, non ne hanno bisogno e potrebbero anche iniziare immediatamente. Tuttavia, poiché lo Stadio potrà aprire ai tifosi solo nel momento in cui tutte le opere pubbliche saranno pronte, di fatto, i lavori dovranno andare di pari passo. Anche perché la cantierizzazione di un intervento così rilevante non può prescindere dall’adeguamento delle strade affinché camion e gru possano muoversi senza creare ingorghi di traffico.

I TEMPI Cerchiamo, quindi, di mettere qualche paletto temporale. Non è detto che ci si riesca, ma ipotizziamo che i definitivi siano consegnati entro la fine di gennaio. Sei mesi di tempo per la Conferenza di Servizi e siamo a fine luglio (sperando non ci sia lo stop and go). Per fine agosto, la firma della Convenzione urbanistica. Da settembre, quindi, possono iniziare le demolizioni, che segnerebbero l’inizio del conto alla rovescia per i 24 mesi necessari a costruire il tutto. Intanto, dopo la firma della Convenzione, partiranno le gare europee per le opere pubbliche: da 6 a 8 mesi di tempo per il loro svolgimento. E siamo già in primavera 2017: l’inaugurazione potrebbe arrivare per fine 2018.

NUOVO SINDACO In mezzo, però, c’è l’incognita elezioni comunali: a metà giugno si vota per il Comune. Se la Conferenza in Regione ancora non avesse concluso i suoi lavori, nell’ipotesi in cui dalle urne a fine luglio (ballottaggio e tempi tecnici per l’insediamento inclusi) uscisse fuori una maggioranza contraria alla realizzazione dello Stadio, la nuova Amministrazione potrebbe, con una delibera votata dal Consiglio comunale come quella sul pubblico interesse del dicembre 2014, modificare o cancellare il testo uscito sotto l’èra Marino. Ovviamente, dovrebbe essere una delibera con forti e inoppugnabili motivazioni giuridiche, altrimenti si correrebbe il rischio di esporre il Campidoglio a una richiesta di risarcimento danni da 1 miliardo e mezzo di euro. Ecco, quindi, perché in questo grande gioco dell’oca, fino a che non si arriva alla consegna del progetto, si rischia sempre di tornare alla casella di partenza.

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