(T. Carmellini) – Lo hanno difeso fino all’inverosimile, contro tutto e tutti. Gli avevano dato un’altra chance, l’ennesima, ma le cose non sono cambiate: anzi. Il «peggioramento» della squadra guidata da Garcia non è tanto nel pareggio incolore col Milan, arrivato dopo l’incredibile 3-3 di Verona, quanto nell’ipotenza mostrata nella ripresa della gara coi rossoneri all’Olimpico.
Quella mezz’ora di bambola collettiva, senza un leader in campo, senza un gioco, senza la testa per riprendere le redini della partita, ha mandato fuori di testa Pallotta che già in passato avrebbe voluto mettere il tecnico alla porta. La dirigenza lo aveva difeso, era riuscita a prendere tempo convinta che la svolta fosse dietro l’angolo, che questa squadra non potesse essere regredita così dal giorno alla notte.
Sbagliavano, perché quanto visto sabato sera all’Olimpico ha tracciato una linea netta di demarcazione tra quello che sarebbe potuto succedere e quello che in realtà sta accandendo: quel famoso «imponderabile», postilla alla fiducia comunque a tempo data nei giorni scorsi a Garcia, è qui, sotto gli occhi di tutti.
Giugno ad un tratto sembra lontano anni luce e la possibilità di arrivare a fondo corsa con questo tecnico appare adesso improbabile se non impossibile: Garcia al momento è letteralmente indifendibile nonostante la squadra sia ancora dalla sua parte. Anzi, forse proprio per questo, lo è ancora di più: perché se è vero che nel calcio paga sempre il tecnico, è altrettanto innegabile che la squadra da qui in avanti dovrà prendersi la sua parte di responsabilità.
Più che un allenatore a questo gruppo servirebbe uno psicologo, perché i «crolli» palesati nelle ultime uscite non hanno una spiegazione tecnica o tattica. Quando il pallone ti brucia tra i piedi, il problema non può essere «solo» l’allenatore.