(F. Balzani) – Urla, distribuisce fratini, chiede più precisione al tiro. Apparentemente ieri per Garcia, sotto il sole di Trigoria, sembra non essere cambiato nulla. C’è lui, e non Alberto De Rossi, a dirigere la seduta mattutina. «Ma come fa ad accettare una cosa del genere?» si domandano i venti tifosi scarsi fuori i cancelli. Il francese in effetti sembra un ologramma: si vede, ma tutti sanno che non è più l’allenatore della Roma. Nel frattempo, nel mondo reale, Spalletti si imbarca per Miami con la penna in mano e un contratto da firmare. Paradossi tipici della gestione americana. Ma torniamo a Garcia. Perché, messe da parte le apparenze, la sostanza è chiara: quella di ieri è stata l’ultima (o tutt’al più la penultima) giornata di Rudi in giallorosso. È finita così 944 giorni dopo. Nemmeno mille, per far contento Baglioni. Una storia d’amore iniziata coi fuochi d’artificio: 10 vittorie di fila sulle macerie del 26 maggio, la chiesa al centro del villaggio, uno scudetto mollato solo di fronte alla Juve dei record e la sensazione di aver trovato il «Ferguson italiano». Tanto da meritare un rinnovo al 2018 a cifre raddoppiate. Il 2˚ anno ha fatto sentire i primi scricchiolii dopo la sconfitta con la Juve e la batosta col Bayern. Avvisaglie di crepe ben più profonde tappate dalla vittoria salva Champions nel derby (a proposito Rudi lascia senza averne perso nemmeno uno). Poi la conferenza prima di Roma-Palermo del 30 maggio, data che segna l’inizio della fine della storia. Trascinata fino ad oggi, senza un motivo se non quello economico. «Vi ricorderete di lui tra qualche tempo – avvisa la fidanzata Francesca Brienza – È già successo in queste piazza, anche con Spalletti che ora tutti vogliono. Rudi ha sempre amato la Roma e non ha preso in giro nessuno. Ora onore a chi verrà». L’ultimo bacio però potrebbe arrivare solo stasera perché l’annuncio dell’esonero di Garcia è previsto dopo le 18, quando la Borsa sarà chiusa e quando finirà l’allenamento pomeridiano. Ieri a pranzo Rudi ha parlato a lungo con Sabatini. Il ds gli ha spiegato come stanno le cose e gli ha chiesto di guidare la squadra fino alla firma del nuovo allenatore con il rischio (minimo) di sedere addirittura in panchina domenica. Garcia ha detto sì e alle 15 in palestra ha parlato per mezz’ora ai giocatori (Gervinho è stato il primo ad andare via alle 15,38): «Siamo professionisti e dobbiamo lavorare bene. La mia situazione non vi deve condizionare. Ci vediamo domani». Forse. Per l’ultima volta.