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REPUBBLICA.IT Roma, il gol è un miraggio: e Dzeko ormai è un caso

Dzeko
Dzeko

(M.Pinci) – Tre giorni non sono bastati a Luciano Spalletti per cambiare la Roma. Il contrario sarebbe stato archiviato alla voce “miracoli”, certo, ma il timore adesso è che la situazione sia peggiore di quella che lui stesso poteva immaginare.  E domenica si va a Torino dalla Juve record: l’andata la decise Edin Dzeko, un girone dopo del bosniaco è rimasto solo lo sguardo sgomento di domenica pomeriggio.

Ad agosto a Fiumicino l’avevano accolto in mille. Ora sono molti di più a chiedersi che fine abbia fatto Dzeko. Il 30 agosto aveva illuso Roma e i romanisti decidendo di testa la gara contro la Juventus: nessuno avrebbe mai potuto immaginare che un girone dopo quello sarebbe rimasto il suo unico gol su azione in serie A. Ha segnato due rigori con Lazio e Bologna, poi nulla più. La Juve che quel giorno pareva alle corde è scappata, lontana 7 punti, il centravanti diventato l’icona del fallimento romanista: ha lasciato lo stadio sconsolato, a testa bassa, senza sorridere. Cosa gli sia successo se lo starà chiedendo anche Spalletti, che alla vigilia ne aveva tessuto le lodi: “Se avessi potuto scegliere un centravanti avrei preso Dzeko, con lui abbiamo un attaccante che ci mancava nella mia prima esperienza qui”.

La sua seconda storia in giallorosso avrebbe potuto avere un inizio diverso proprio grazie a Dzeko. Le occasioni non erano mancate: un palo, un tiro alto su assist di Salah, un altro su invito di Pjanic e il terzo di testa su corner, oltre a un tentativo di spaccata in ritardo su cross di Florenzi. La Roma pareggia e con allenatore nuovo e compagni ancora disorientati per tutti o quasi il responsabile è Edin. Diventato alternativamente “Edin Cieco” o Mario Gomez senza maschera, per i suoi stessi tifosi. Non segna e non sa perché. E’ convinto che gli basterebbe sbloccarsi una volta per non fermarsi più, intanto però il gol non arriva. I punti neppure. E la Roma continua a scivolare.

Le contromisure al naufragio Luciano Spalletti – impegnato in queste ore in un riassetto della sua vita privata dopo l’inaspettato trasloco romano – inizierà a cercarle da martedì, quando la squadra tornerà ad allenarsi con un’inedita doppia seduta a inizio settimana. Intanto dovrà scegliere da che strada ripartire, visto che l’esordio sfortunato ha mostrato diversi tentativi di Roma: 4-2-3-1 nostalgico, 3-4-1-2 sperimentale o 4-4-2 bilanciato, nessuna di queste soluzioni ha restituito il vero volto della Roma. I giocatori sembrano intimiditi, solo De Rossi ha rischiato la giocata (vedi il gol) prendendosi la responsabilità. Per questo Spalletti oltre che sulle gambe vuole lavorare sulla testa, idea che lo aveva convinto a lanciare Castan (che adesso potrebbe valutare l’ipotesi di partire in prestito fino a fine stagione), tentando di ridargli convinzione, di recuperarlo. Forse però i problemi della Roma sono più profondi di quanto lui stesso pensasse. Dal mercato potrebbero arrivare presto nuovi difensori – un centrale come Tonelli o Ogbonna, un terzino come Adriano – ma non basteranno a guarire. Per questo Spalletti aspetta la Juve che vince da 10 turni, convinto che il grado dell’avversario possa offrire al gruppo gli stimoli giusti per ritrovarsi. Il suo primo successo romanista, nel 2006, furono le 11 vittorie consecutive. Dieci anni dopo – lo sa anche lui – sarebbe un successo già evitare che le 11 vittorie di fila le faccia qualcun altro.

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