(M. Pinci) – Il primo gol a Trigoria Stephan El Shaarawy l’ha già segnato. Non ieri, al primo allenamento con Spalletti, ma nel 2009: aveva 16 anni, era la finale d’andata della coppa Italia Primavera, la Roma vinse 2-1 sul Genoa ma il gol dei grifoni lo segnò lui, con un destro all’incrocio dal limite dell’area. Sette anni dopo torna su quei campi con un compito nuovo: resuscitare la Roma e la sua carriera. La motivazione giusta spera di avergliela data Sabatini: la prima cosa che Stephan ha fatto mettendo piede a Trigoria è stato andare da lui: «Hai una grande occasione ragazzo, non mi deludere», le parole del ds. El Shaarawy sarà arrossito, come 2 settimane fa a Milano, quando Sabatini gli promise di portarlo a Roma.
Perché El Shaarawy è un ragazzo semplice: campione di biliardo chiedere a Montolivo – icona social che dalle offese social è rimasto scottato. Meglio la famiglia, lì sì che il ragazzo con la cresta torna il ragazzino che demoliva i corridoi di casa provando i dribbling di Ronaldinho, e che la sera proseguiva le partite alla playstation ascoltando musica hip hop. Ora allargherà la foltissima comunità di musulmani dello spogliatoio romanista: «Sono credente, ma mi limito a non mangiare maiale e non bere, la religione per me è una questione di valori», dice. Così lo hanno cresciuto papà Sabri, psicologo arrivato a Celle, vicino Savona, dall’Egitto. Lì ha conosciuto mamma Lucia e l’amore per il Genoa che ha trasmesso al giovane Stephan. Pure lui legatissimo alle sue origini: con i primi soldi importanti ha voluto regalare un defibrillatore al campo di Legino, quelli dei primi passi. Passi che l’hanno portato a Roma, accompagnato dal fratello-agente Manuel e dal papà: per esserci ha rifiutato una barca di soldi dallo Shanghai di Eriksson, ma anche Fiorentina e Bologna, Wolfsburg e Spartak. Spalletti gli ha dato il benvenuto: «Mi ha detto che non posso più sbagliare, non lo deluderò », promette El Shaarawy. Conte, suo primo tifoso, lo aspetta.