(A. Pugliese) – Un giorno di due estati fa Johan Cruijff, un po’ troppo frettolosamente, bollò il trio delle meraviglie così: «Non so proprio come faranno a giocare insieme Messi, Neymar e Suarez. Sono troppo egoisti, preferiscono il gioco individuale a quello di squadra». Quasi venti mesi dopo l’olandese avrà cambiato probabilmente idea, anche perché se l’egoismo dalle parti di Barcellona paga in quel modo lì, che ben venga. Del resto, con tutte le debite differenze del caso, anche la Roma vive di egoismi. Da una parte quello risaputo di Mohamed Salah, tacciato spesso e volentieri di dolce anarchia; dall’altra quello mancato di Edin Dzeko, che fino ad oggi ha lavorato più per la squadra che per se stesso e quando ha provato a cambiare rotta, non sempre è riuscito nell’intento. Opposti che si attraggono verrebbe da dire, almeno a vedere l’ultima goleada contro il Palermo. Opposti sui quali Luciano Spalletti sta lavorando su, anche se con modi diversi.
A CACCIA DI GIOIE – Già, perché se da una parte il tecnico toscano deve togliere, dall’altra sta cercando di aggiungere qualcosina. Levi da Momo, metti ad Edin. Più o meno funziona così, nel senso che da quando è tornato in giallorosso Spalletti sta cercando di educare Salah a giocare un po’ di più per la squadra, ma anche di convincere Dzeko a pensare un po’ più a se stesso e meno agli altri. Il bosniaco deve essere più centravanti, deve concentrarsi più sul gol. «È vero, mi dice sempre di pensare di più a me stesso», ha ammesso dopo Roma-Palermo. Intendiamoci, non che Spalletti non apprezzi il lavoro (molto di sponda) che Dzeko fa spesso per i compagni. Ma l’allenatore giallorosso sta cercando di incidere soprattutto sulla sua testa e, in tal senso, vuole che giochi per far gol, per gioire, per andare a caccia ogni momento di un’emozione in più. Che poi, per un centravanti, non è altro che la ricerca del gol. Spalletti si è reso conto che Dzeko è (era) bloccato soprattutto di testa e per sbloccarsi deve pensare a se stesso.
AL BANCOMAT – Salah, invece, è un discorso diverso. Tacciato a più riprese di anarchia calcistica, l’egiziano con la doppietta segnata al Palermo è diventato il principale marcatore giallorosso in campionato (9 gol, uno in più di Pjanic e tre di Dzeko). Basterebbe questo per cercare di lasciare libera la sua indole calcistica, anche se poi la ricerca della perfezione è un esercizio sempre perseguibile. Così, ad esempio, subito dopo Roma-Sampdoria Spalletti disse: «Per Salah abbiamo messo una regola: paga la cena a quelli a cui non passa la palla. E so che è andato al bancomat…». Iperboli linguistiche, su cui il tecnico costruisce le sue verità: a lui Salah va bene anche così, ci mancherebbe altro, ma se in alcune occasioni diventasse un po’ più altruista sarebbe ancora meglio.
CASO MAICON – Intanto ieri girava in rete un video in cui Maicon si avvicina a Spalletti(a colloquio con Manolas a ridosso della panchina) e lo manda eloquentemente a quel paese, dopo aver indicato un paio di volte lo stesso Manolas. A Trigoria, però, fanno sapere come quel «vaffa…» fosse in realtà rivolto al difensore greco, un modo come un altro — nell’ambito di una frase più articolata — per convincerlo a restare in campo.