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GAZZETTA.IT Poco servito e senza fiducia: ecco perché a Roma Dzeko sta fallendo

Dzeko
Dzeko

(F.Salvio) – Cominciamo dai numeri, ché è sempre la cosa migliore e spiega tante cose (ma non tutto). Otto gol in 28 presenze al Wolfsburg, in Bundesliga, nella stagione 2007-08, ma ad appena 20 anni e alla prima esperienza fuori dalla Bosnia, dove è nato; 26 in 32 e 22 in 34 nelle 2 successive. A gennaio 2011 si trasferisce in Premier, al Manchester City, dopo aver salutato la Germania con altri 10 gol in 17 partite. E il conto si ferma al campionato. Con la sua nuova squadra realizza all’esordio appena 2 reti in 15 presenze, più altre 2 in 4 gare di Europa League, Il bottino aumenta nelle stagioni seguenti: 14 gol in 30 presenze nel 2011-12, 14 in 32 nel 2012-13, 16 in 31 nel 2013-14.

GRANDI SPERANZE — Poi Edin Dzeko si ferma: 4 gol in 22 partite di campionato nella scorsa stagione, poche da titolare chiuso com’era da Aguero nel 4-2-3-1 di Pellegrini; altrettanti in 20 gare finora in questa, iniziata col terzo cambiamento geografico e calcistico della sua carriera, dall’Inghilterra all’Italia, in una piazza calda, esigente e assetata di successi.

Dove il centravanti bosniaco, un gigante di 192 centimetri capace di 45 gol in 76 presenze con la sua nazionale, fu accolto in estate come l’uomo della provvidenza. Il grimaldello che avrebbe aperto le difese più chiuse. L’attaccante centrale ideale nel 4-3-3 di Garcia, la punta di peso e di esperienza internazionale che avrebbe sublimato coi suoi gol il gioco frizzante prodotto dalla squadra. Insomma, il giocatore che mancava per puntare allo scudetto. Invece.

PROBLEMI TATTICI — Pagato 18 milioni di euro, Dzeko ha per ora deluso. Alzi la mano chi lo aveva previsto. Una doppietta all’esordio in amichevole col Siviglia, poi un progressivo eclissarsi, vittima anche della manovra sempre più farraginosa prodotta dalla squadra e dalla conseguente mancanza di risultati e dalla perdita di serenità del gruppo, dell’allenatore e dell’ambiente tutto. Mercoledì sera l’ennesima esclusione: contro il Real Madrid in Champions. Hai detto niente. L’errore generale e – quel che è peggio – di chi ha costruito la squadra, è stato non considerare le caratteristiche dei compagni che Edin si è trovato ai lati, in attacco. Non a caso scriviamo ai lati invece che al fianco (come Grafite nel Wolfsburg) o subito dietro, come nel trio di trequartisti (Touré, Silva, Nasri o Navas) sul quale poteva contare al City. Alla Roma, invece, il centravanti si è ritrovato perno centrale di un terzetto composto via via dai vari Gervinho, Iago Falque, Iturbe, Salah e El Shaarawy, tutti più propensi a puntare la porta che ad assistere il perno centrale. Il solo che ha nelle sue corde l’assist più del tiro è Perotti, che però Luciano Spalletti vede come falso nueve, lo stesso ruolo ricoperto, con straordinari risultati anche dal punto di vista realizzativo, da Francesco Totti finché la condizione atletica lo ha sorretto e gli acciacchi lo hanno risparmiato. Perotti è dunque per ora alternativo e non complementare a Dzeko.

CAMBIO DI ROTTA — Proprio Spalletti, al suo arrivo sulla panchina giallorossa al posto di Garcia, dichiarò: “Dzeko lo serviamo male”. Il gol segnato venerdì scorso al Carpi (deviazione sottoporta su assist da destra di Salah) è l’esempio di ciò che il centravanti vorrebbe e finora non è stato. Vedremo se è stato solo un fuoco di paglia o il segnale di un cambiamento nel gioco che metterà Dzeko in condizione di essere maggiormente produttivo. In ogni caso, febbraio non è tempo di sentenze, e bocciature, definitive. Certo non è solo responsabilità altrui se l’attaccante finora ha reso pochissimo. Lui stesso lo ha ammesso in un’intervista alla Gazzetta: “Se finora ho fatto male è solo colpa mia”. In troppe partite è sembrato un giocatore sfiduciato: lento, poco reattivo, in ritardo sulla palla. Il dubbio è che sia arrivato in Italia nella fase discendente della carriera: a 29 anni, in effetti, non può più avere la freschezza degli anni tedeschi.

VAN BASTEN? NO, MA… — Che Dzeko sia un bluff ci sentiamo di escluderlo: non è Van Basten, ma non è neanche un centravanti solo grande e grosso. Basta cercare un video dei suoi gol per rendersene conto: Dzeko tira con entrambi i piedi, centra la porta anche da fuori area, segna in acrobazia e non soltanto di testa. Insomma, uno in grado di costruirselo pure da solo, il gol. In più è mobile, ha buona tecnica, sa servire l’assist ed è tatticamente intelligente. Proprio per questo finora ha fatto più da “spalla” che da terminale offensivo. Il mestiere per il quale è stato pagato tanto. E nel quale, nonostante tutto, riesce meglio.

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