(M. Ferretti) Tutto è accaduto nel giro di due minuti scarsi. Dai fischi agli applausi, dall’Inferno al Paradiso. Dall’errore forse più grave della sua carriera al gol più bello con la maglia della Roma. Il calcio, si sa, regala anche storie come questa che vede protagonista Edin Dzeko, il bosniaco senza sorriso di Luciano Spalletti. Quando ha fallito un gol a porta vuotissima, piazzato a due passi dalla linea bianca, con un sinistro sbilenco e grottesco sull’assist di Maicon, l’Olimpico non ce l’ha fatta a non fischiarlo. Impossibile non segnare, impossibile sbagliare, dunque pazienza dei tifosi ridotta ai minimi termini. Un incubo o giù di lì, per l’ex City. Che dopo aver ripreso fiato abbracciando il palo della (per lui) maledetta porta di Alastra, ha ripreso a giocare come se nulla fosse accaduto. Così, in cento secondi, uno in più o uno in meno, con bravura e un pizzico di fortuna, ha rovesciato la storia: assist lungo del suo amico Pjanic, buco di Struna in elevazione e pallone ancora sul sinistro di Edin. Stadio con il fiato sospeso poi, oplà, il tiro vincente, centrale ma potente, per il vantaggio della Roma. Senza l’esultanza di Dzeko, però.
UNA OGGI E DOMANI Dopo la rete liberatoria di Modena contro il Carpi, e la panchina contro il Real in Champions, Dzeko ancora a segno, stavolta per due volte; e non era mai capitato che segnasse su azione in campionato per due partite di fila. Un gol contro la Juve che era ancora estate, poi un altro dal dischetto nel derby all’inizio di novembre prima del sigillo di Bologna, ancora su calcio di rigore, nel turno successivo quasi a fine mese prima di Carpi e Palermo: un piccolo passo in avanti, dunque; se non altro, la dimostrazione che non sa segnare solo da palla ferma. Di certo, però, la Roma, acquistandolo, aveva sperato in un rendimento migliore, e il bilancio è ancora in rosso. Dzeko, è noto, non è il miglior centravanti al mondo, ma neppure l’ultimo, o la reincarnazione capitolina del Mario Gomez fiorentino. I numeri della sua carriera parlano per lui, e non è il primo che trova difficoltà ad inserirsi in un nuovo ambiente. Spalletti, anche se in Champions ha preferito non impiegarlo, continua a dargli fiducia e a sostenerlo: Edin sa che il suo futuro nella Roma non è certo, che da qui alla fine della stagione dovrà imboccare il ripetitore per avere garanzie di permanenza ma il nuovo Dzeko, quello diventato da poco papà di Una, sembra meno sfigato e meno pippero. Come dire: Una rete tira l’altra, giocando con le parole.