(S. Carina) – «Si leggono tante sciocchezze, una in più o una in meno…». A volte il tempo sa essere galantuomo. Non sono trascorse nemmeno due settimane dalla secca e piccata smentita del dg Baldissoni (30 gennaio, pre-gara di Roma-Frosinone) riguardo alle probabili dimissioni di Sabatini riportate da alcuni media, tra cui Il Messaggero, che l’argomento torna d’attualità. E come capita oramai costantemente dal suo arrivo, è toccato a Spalletti far chiarezza su un argomento che era evidente da una decina di giorni: «Siccome l’avete scritto già altre volte da quando sono arrivato a Roma, sono andato su nell’ufficio di Walter e ho parlato con lui. Mi ha risposto che il suo addio è un’ipotesi. «È giusto che mi metta in discussione anche io», ha detto. Ma se noi sterziamo questo pacchetto di gare, lui rimane al suo posto e continuiamo tutti insieme. La sua risposta, parlando con il presidente, è che o si fanno risultati o nessuno viene salvato. Compreso me e compresi tutti».
C’è poco da aggiungere. O forse sì. Il tecnico toscano ha utilizzato tutta l’eloquenza a sua disposizione, per confermare né più, né meno quanto riportato il 30 gennaio sui turbamenti del ds, prossimo a lasciare. Sabatini, infatti, se lo era lasciato sfuggire in un momento di amarezza, confidandolo a persone a lui vicine nell’ambito della trattativa col Genoa per Perotti, ma chiarendo che tutto sarebbe accaduto alla fine della sessione di mercato invernale. Detto, fatto. Anche se ieri Spalletti ha lasciato aperto uno spiraglio per un ripensamento in extremis, dovuto magari all’ottenimento del terzo posto, la decisione Sabatini (ora alle prese col nuovo caso Gerson che il Fluminense non riesce a tesserare) l’ha presa e l’ha già comunicata. Al netto del suo operato, che ognuno può giudicare come meglio crede, su una cosa il ds non può essere messo in discussione: sulla sua parola. E allora torna inevitabilmente in mente la riflessione a voce alta »Se affonda Garcia, affondiamo tutti».
PARAFULMINE Stanco di fare da parafulmine a determinate indicazioni e intromissioni nel suo operato da parte di Pallotta (o uomini vicino al presidente, tipo Zecca), il dirigente (ora vicino al Bologna) è consapevole che nella piazza lo scudetto delle plusvalenze non basta più. Anche perché in 5 anni la Roma non ha mai combattuto realmente per vincere il campionato: anche quando è giunta seconda, lo ha fatto 17 punti dietro alla Juventus. Senza contare il ko storico del 26 maggio, le brutte figure (1-7 col Bayern, 1-6 Barcellona, 2-3 e 0-0 col Bate Borisov) rimediate in Championse quel che più conta, senza lasciare mai traccia di una squadra futuribile. Anche nel prossimo giugno si ripeterà il solito cliché estivo che vedrà il gruppo per l’ennesima volta stravolto tra arrivi (in 5 anni sono stati 66) e partenze. Per una volta, però, in uscita la più rumorosa sarà proprio quella di Sabatini. È già aperta la corsa alla successione: da decidere continuità (Sensibile) o sterzata (Banca, Lo Monaco, Corvino). La parola passa a Pallotta che per ora prende tempo: «Walter è solo un po’ depresso per i risultati, non è deciso nulla».