(S. Meloni) – Quando una falsa notizia diventa una notizia a tutti gli effetti? Ci sono delle condizioni precise a determinare suddetta condizione. La chiamano agenda setting, e da sempre marcia di pari passo con le esigenze di lobby o centri del potere bisognosi di incanalare l’informazione in una certa direzione.
La questione delle barriere nelle curve dello stadio Olimpico grava come una spada di Damocle sulle due società capitoline, che da inizio stagione hanno visto un drastico crollo dei numeri sulle gradinate, e nella quasi totalità degli incontri giocano praticamente in trasferta o in un ambiente ovattato e spettrale, soprattutto a causa dello sciopero del tifo organizzato. Proprio ieri, presso laPrefettura, si è tenuto il comitato per l’ordine e la sicurezza, nel quale si è parlato della faccenda Olimpico alla presenza di esponenti delle due società calcistiche. Un incontro caldeggiato da mesi da stampa e tifosi, che riscontravano in Roma e Lazio un certo immobilismo. “Nessuna barriera verrà tolta in questa stagione”, ha chiarito sin da subito il Questore D’Angelo. La promessa, però, è quella di un alleggerimento dei controlli tramite la diminuzione di polizia, l’implemento di steward qualificati e l’istituzione della figura del Supporter Liaison Officer, un soggetto chiamato a fare da intermediario tra tifosi organizzati e club (figura che in realtà è ben regolata da anni da chiare direttive UEFA, teoricamente valide anche nel nostro in Italia).
In virtù di ciò si è parlato di “apertura nei confronti dei tifosi”. In realtà il tutto sembra ricadere in un quadro di pronto chiacchiericcio per rispondere e zittire bonariamente il malumore di una grossa fetta delle tifoserie romane. Il Questore infatti ha sottolineato come per un’eventuale rimozione delle barriere occorra ripristinare l’ordine e la legalità dentro e fuori lo stadio (va ricordato che all’interno dell’Olimpico non avvengono incidenti da almeno un decennio e che questi interventi di “safety”, come li definì Gabrielli, inizialmente vertevano su fantomatici scavalcamenti da un settore all’altro che causavano il sovraffollamento della curva e che, numeri alla mano, sono facilmente smentibili) e come “Le curve contengono tot persone e ognuno deve rispettare il proprio posto, sono vietati striscioni non autorizzati, turpiloqui, fumogeni, petardi e insulti contro lo Stato”. Praticamente guai a sfottere l’avversario nel settore ospiti, dimentichiamoci gli spettacoli coreografici se non autorizzati dalla magnificente burocrazia italiana e assolutamente vietato (cosa forse più grave) esprimere un concetto non conforme alla volontà e ai diktat di uno Stato che, attraverso queste parole, getta ancor più la sua maschera sottolineando la volontà di ridurre i propri cittadini a meri burattini, sempre e comunque consenzienti, attraverso un preciso lavoro condotto in laboratori sociali come stadi e piazze. Appare poi curioso come un soggetto che “crea un problema”, tenti successivamente di risolverlo. Ovviamente modificando le regole e ponendole a suo totale appannaggio. Sì è capito che l’Olimpico, per le istituzioni cittadine, deve essere il massimo esempio di rigidità e ineffabilità romana. Del resto ne va del lustro di quel triumvirato (Tronca, D’Angelo, Gabrielli) posto a capo di una Capitale che ormai gode di un reame auto proclamatosi.
Chiaro. Le regole vanno rispettate. E nessuno auspica incidenti o partite sospese per lancio di fumogeni. Ma da qui a rendere un luogo pubblico un vero e proprio check-point di guerra ce ne vuole. Con l’avvicinarsi della fine del campionato si dovranno sicuramente tirare le somme. Fossimo in un Paese civile, con delle istituzioni autorevoli (e non solo autoritarie) chi ha causato la desertificazione dell’Olimpico, costringendo migliaia di cittadini (e non solo ultras, va ricordato che hanno rinunciato a vedere la partita anche e soprattutto quelle famiglie di cui tanto si chiede il ritorno sulle gradinate) a controlli umilianti, file infinite e sanzioni pecuniarie per un cambio di posto, pagherebbe salatamente. Ma, è storia recente, spesso avviene proprio il contrario: con promozioni e scatti di carriera.
E le società, in tutto ciò? Continua a sembrare troppo poco il lavoro svolto per venire incontro ai propri supporter più fedeli e assidui, che in questo momento storico stanno vivendo, forse, l’era più buia della propria storia, frutto di una discriminazione e una campagna menzognera senza precedenti nell’Italia pallonara. I maligni pensano che qualcuno voglia approfittare di questa situazione per una sostituzione totale del pubblico. Magari in luogo di spettatori più “teatrali”, in grado di portare i loro 40 Euro per una curva e stare seduti e silenziosi in un Roma-Real Madridqualsiasi, usando sapientemente i loro smartphone per immortale le gesta di CR 7 e le direttive diZizou. Sicuramente c’è stata poca considerazione su quello che stava accadendo, e anche molta sottovalutazione. Sin da Giugno, quando Roma e Lazio hanno siglato l’accordo che prevedeva la costruzione delle barriere e l’incremento esponenziale di controlli e limitazioni interni allo stadio.
Il “gattopardismo” è una corrente che in Italia abbraccia quasi la maggior parte delle menti che hanno forti poteri decisionali. “Se vogliamo che tutto rimanga come è, occorre che tutto cambi”, diceva tale Tomasi da Lampedusa, oltre sessant’anni fa. I giri di parole, le task force, gli incontri, le convenscion a questo continuano a servire. A donare l’idea che “qualcosa si farà”, mentre, di fatto, situazioni colpevolmente incancrenite sono bel lontane da esser dipanate. Nell’era dei flash mob e delle class action occorrerebbe forse tornare indietro di tre decenni e agire da vera e propria classe danneggiata e vessata. E’ lapalissiano che l’unico modo per far sentire le proprie ragioni è battere sul fattore economico e dell’immagine. Un fondo comune per far riabbonare tutti (anche i meno abbienti e giustamente impossibilitati a spendere 400 Euro) e continuare la protesta sarebbe quanto di più democratico possibile.
Ma attenzione, non dimentichiamoci che viviamo nel Paese del proibizionismo e del politicamente corretto a tutti i costi. Qualcuno troverebbe sicuramente il modo di girare la frittata e rendere ciò impossibile o fuori legge. Sempre ammesso che lor signori non abbiano già attuato questo perfido piano: sarebbe la morte definitiva del tifo capitolino e la fine di un percorso iniziato tanti anni fa. Staremo a vedere, maggio è molto più vicino di quanto crediamo.