Il 26 marzo del 1904, nasceva nella Capitale Attilio Ferraris, oggi membro della Hall of Fame giallorossa. Giocò nella Roma dal 1927 al 1934 e vi tornò nella stagione 1938-39. Fu uno dei primi uomini simbolo della squadra, della quale incarnava a pieno lo spirito “testaccino”. Il mediano collezionò in totale 231 presenze e 4 reti in giallorosso.
Andiamo a ripercorrere, attraverso il suo profilo, le fasi più importanti della sua carriera.
Attilio Ferraris era un agonista ad oltranza, per lui vivere e giocare erano due facce di una stessa medaglia. Quando si trovava a Messina per svolgere il servizio militare (verrà trasferito prima a Spoleto e poi finalmente a Roma), il 21 aprile 1923 venne convocato nella rappresentativa degli studenti italiani che dovevano battersi con la rappresentativa inglese. Nelle file italiane, tanto per comprendere lo spessore del match, c’erano personaggi come Allemandi e Bernardini. Attilio quella partita non avrebbe dovuto giocarla in quanto ‘consegnato’. Provò a resistere, ma quando la gara era già iniziata lo videro arrivare al campo. Non c’era nessuna speranza di farla franca. I suoi superiori lo avrebbero saputo perché il match avrebbe avuto vasta risonanza sui quotidiani sportivi e il suo nome non sarebbe certo passato inosservato. Nonostante questo Attilio giocò, perché non poteva farne a meno.
Delle sue doti atletiche e agonistiche lo specchio più gigantesco è rappresentato dallo sforzo enorme che fece Vittorio Pozzo per recuperarlo in vista dei mondiali italiani. Si recò a Roma per incontrare Attilio che non giocava da mesi e di fatto lo convocò, a scatola chiusa, anche se l’interessato gli rispose: “A Commendatò, ciò trent’anni. Nun gioco da mesi. Fumo trenta sigarette ar giorno”. Il Commissario Unico puntò tutto sul suo ritorno e Ferraris IV diede un contributo enorme alla conquista del titolo mondiale. Contro la Spagna, Bruno Roghi, commentando la sua gara scrisse: “La linea mediana ha visto in scena un Ferraris IV magnifico. Questo giovanotto che sente le partite internazionali come il cane sente la lepre, ha disputato una delle partite più belle della sua carriera internazionale”.
C’è poi, nel nostro ritratto, l’omaggio fatto all’uomo che seppe incarnare magistralmente il ruolo di capitano della Roma assegnatogli alla nascita del Club e in seguito, a lui tornato, in una grande staffetta con Fulvio Bernardini. Negli spogliatoi di Testaccio, Ferraris chiamava i suoi compagni ad un giuramento prima di entrare in campo. Un giuramento che vincolava tutti all’impegno di dare ogni stilla di energia per raggiungere la vittoria. Ecco dunque che Ferraris IV – “bravo, nazionale e capitano”, come recita la ‘canzona di Testaccio’ – segna e segnerà per sempre uno dei battiti più forti del cuore giallorosso.
Fonte: asroma.com