(M. Cecchini) – Quella notte di marzo, sul prato del Santiago Bernabeu bruciarono d’un colpo qualcosa come 161 milioni di euro. Più o meno quanto furono pagati l’estate precedente Cristiano Ronaldo (97) e Kakà (64) dal sempre munifico presidente Florentino Perez, che dalla tribuna assistette impietrito al dramma dei suoi «Galacticos». Ad accendere il fuoco fu un ragazzo bosniaco che annaffiò la «remuntada» col suo talento e la sfrontatezza che solo i 19 anni possono regalare. Si chiamava Miralem Pjanic, lo stesso che stasera proverà a prendere per mano la Roma per tentare un’impresa ancora più grande, che valga i quarti di Champions. Quel 10 marzo 2010 i piedi morbidi dello slavo erano al servizio del Lione, vincitore a sorpresa dell’andata per 1-0. La partita di ritorno però sembrava segnata, soprattutto quando Cristiano Ronaldo portò in vantaggio i «blancos». Fuori dalle profezie, però, arrivò la rete di Pjanic, che inchiodò il risultato su un 1-1 che a suo modo fece epoca.
«IN FORMA» – Tutto sommato, a fare rumore ora è la considerazione successiva, cioè che un giocatore del talento di Pjanic a quasi 26 anni (il 2 aprile) in carriera non abbia ancora vinto nulla. E allora come sorprendersi se — avendo una clausola di rescissione tutto sommato abbordabile (31 milioni) — sia lusingato delle offerte che gli arrivino ogni stagione da club come Chelsea, Bayern Monaco, Barcellona e lo stesso Real Madrid? In ogni caso, se mai a Miralem occorresse una vetrina, difficile pensare che possa esserci qualcosa di meglio del Santiago Bernabeu. Perciò il bosniaco non si arrende. «Noi ce la giocheremo — ha detto —. Dobbiamo farlo e farlo bene. Purtroppo è stato severo il risultato dell’andata, però si sa che in partita del genere a campioni come quelli allenati da Zidane serve poco per fare la differenza. Adesso comunque siamo in forma. Le cose saranno complicate ma siamo qui per cercare di fare un miracolo».
LUI E TOTTI – Professione di fede che fa assai piacere in una notte probabilmente ancora orfana della classe di capitan Totti, che pure qui a Madrid ha scritto alcune pagine di storia giallorossa. Ma la vita non può fermarsi ai ricordi e così Spalletti va avanti per la sua strada, costellata al momento solo di bellezza e successi. «Lui è un allenatore che ci vuole bene — ha spiegato il bosniaco —. Certo, è tosto, ci sta sempre dietro, ma è anche una persona con cui puoi parlare di tutto, che sarà sempre lì a proteggerti se fai quello che ti chiede». E stavolta le richieste saranno elevate, ma pur sempre fattibili per un centrocampista che pure, finora, ha saputo già segnare anche 11 gol in stagione. Morale: se è vero che la storia a volte si ripete, Florentino Perez stavolta farà bene a temere Pjanic. D’altronde gli «ammazza-Galacticos», di questi tempi, vanno abbastanza di moda.