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GAZZETTA DELLO SPORT Totti-De Rossi: rincorsa capitale

De Rossi e Totti a Fiumicino (foto AS Roma)
De Rossi e Totti a Fiumicino (foto AS Roma)

(D. Stoppini) – In amore non c’è ragione. L’ha cantato un poeta, che poi continuava: perché dubbi non ho. Qui non ci siamo. Perché i dubbi sono tanti, sulla testa e nel cuore di Francesco Totti e Daniele De Rossi, appesi a una rimonta che chissà se avranno la forza, la voglia e la capacità di completare. Cento giorni alla scadenza di un contratto, alla fine di un’era geologica. E 80 giorni per non chiuderne un’altra, di storia. Totti e la Roma, De Rossi e l’Italia: il bivio è oggi.

RINCORSA – Perché oggi è pure il silenzio che fa male. Quella telenovela che non sarebbe dovuta diventare e invece è diventata «Totti e il giallorosso». Quella strana, inattesa salita che ha preso la tappa che portava De Rossi fino in Francia, dritto all’Europeo 2016. Il centrocampista non è nel gruppo di Antonio Conte che in questi giorni prepara i test con Spagna e Germania. La notizia non è questa, perché c’è un infortunio di mezzo, quel maledetto polpaccio che non dà tregua a De Rossi. La notizia è che il numero 16 è in bilico in ottica giugno. Il tempo è poco: otto partite, un mese e mezzo di campionato, per far cambiare idea a Conte. È che la rimonta deve partire da Trigoria. Spalletti è il gancio con cui lanciarsi verso Conte, il giallorosso è il passepartout per l’azzurro. Il come e il dove, ovvero il ruolo, è quasi secondario. Conta se De Rossi riuscirà a tornare dentro la Roma a pieno regime, con una maglia da titolare. In un centrocampo che adesso ha scoperto all’improvviso l’abbondanza, in cui Strootman fa fatica a trovare spazio per mettere minuti nel motore, in cui Keita pare aver scaricato almeno 67 anni dalla carta d’identità. Convinci uno Spalletti oggi e avrai un Conte domani: facile a dirsi. Meno a farsi, 12 anni dopo l’esordio con gol in azzurro, 10 anni dopo un Mondiale vinto, una vita dopo una maglia indossata in tutte le salse, baciata dopo un gol, benedetta perché storicamente ha sempre tolto un po’ di pressione giallorossa dalla testa del centrocampista. L’Europeo per chiudere il cerchio, in fondo, se è vero che il 2017 è dietro l’angolo, e con lui la voglia di Stati Uniti, di altro calcio.

L’AMERICANATA – «Non mi piace come Spalletti sta gestendo Totti e De Rossi, i due meritano più rispetto», dice Carlo Mazzone. Ma non è questo il terreno per accomunare i due. È una storia senza certezze, è un romanzo che non sai come va a finire, quando invece pensavi di averne acquistato in libreria uno con il lieto fine assicurato. Qui il lieto fine non c’è oggi e chissà se ci sarà mai. Chissà se ci sarà per Francesco Totti, mai arrivato così vicino all’addio. A cento giorni a partire da oggi. Abbastanza per risolvere una questione che andava risolta… 100 giorni fa almeno: in fondo basterebbe una telefonata. O un altro viaggio a Roma, un aereo che decolla nuovamente da Boston, stavolta con l’idea di mettere un punto alla faccenda. O forse no. O forse 100 giorni sono pochi, perché se non sono bastati i mesi precedenti… Totti è oggi un capitano di nome, ma non di fatto, della Roma. Ha una carta d’identità che presto farà rima con «anta». Ha una voglia di un ragazzino, del suo Cristian verrebbe da dire. Ma non basta. «La vicenda è stata mal gestita — ha detto il presidente del Coni Giovanni Malagò —. Ma si fa ancora in tempo a recuperare. E credo che questo sia giusto, doveroso nei confronti di chi ha fatto una scelta di vita, 25 anni nella stessa squadra, un percorso più unico che raro che va rispettato». Rieccola, la parola rispetto. Ma qui il sostantivo più adatto è malinconia. È la mancata forza di fermare il tempo. A meno che qualcuno non decida di ribellarsi. Che un centrocampista non trovi il colpo di reni decisivo. E che un presidente non scelga di cambiare il finale triste della storia. Sarebbe il solito happy end. Un’americanata. Ma dove immaginarla, se non qui?

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