(M. Ferretti) E sono otto. Di fila. «Un rimpianto non aver scelto prima Spalletti? I rimpianti servono a poco. Ci sono sempre motivi alla base di decisioni, giuste o sbagliate che siano. Inutile pensare a cosa poteva essere, pensiamo a quello che è la Roma ora e a cosa stiamo costruendo. Spalletti sta facendo bene e questo è un auspicio per il futuro», ha dichiarato il dg Mauro Baldissoni, prima del fischio d’avvio di Mazzoleni, ai microfoni di Mediaset Premium. Ha ragione, il dirigente, quando sostiene che le decisioni si possono sbagliare o azzeccare ma, alla luce dei numeri raccolti dalla Roma spallettiana, non v’è dubbio che sia stato un (grave) errore non cacciare prima Rudi Garcia. Occhio alla cifre: otto successi consecutivi, dopo il ko di Torino contro la Juventus, 24 gol all’attivo, media di 3 partita, solo 6 al passivo. Venticinque punti in dieci gare di campionato. Terzo posto in classifica, con 5 lunghezze di vantaggio sulle quarte, Fiorentina e Inter. C’è bisogno di aggiungere altro per certificare la bontà della scelta del presidente James Pallotta (ammaliato e spinto da Alex Zecca), il primo e unico a voler cambiare la conduzione tecnica quando ancora gli uomini del suo management negavano che la Roma fosse in crisi?
L’ORO DI LUCIO – La verità di tutta la faccenda è che Spalletti è bravo, molto bravo, e che il suo predecessore è meno bravo di lui, e pure di parecchio. Questo non vuol dire che Lucio ha fatto poco o che l’abbia fatto con la pipa in bocca, perché era semplice far meglio del nulla; anzi, l’esatto contrario. Il gruppo che era agli ordini di monsieur Rudi, quello che aveva smesso di giocare proprio in occasione della trasferta di Udine del passato campionato, è diventato una squadra. Una squadra vera, anche per il (finalmente) prezioso innesto degli acquisti di gennaio del ds Sabatini, che in mezzo al campo sa esattamente cosa fare e quando farla. La testimonianza di quanto prodotto in allenamento, dell’addestramento quotidiano a Trigoria che ai tempi del francese era inesistente o quasi. E pure del lavoro fatto da Spaletti sulla/nella testa dei calciatori. Qui, sia chiaro, non si vuole sparare sul pianista che non c’è più: non sarebbe corretto farlo. Ma si vuole soltanto sottolineare i meriti del tecnico entrato in corsa. E in netto ritardo, a nostro giudizio. Però, come dice Baldissoni, i rimpianti non servono. Ma alimentano il rosicamento di ciò che poteva essere e non è stato. E, su questo, non c’è un solo tifoso che non sia d’accordo. Baldissoni compreso, anche se non potrà mai dirlo.