(U. Trani) – La remuntada, come la chiamano qui, acquisirebbe senz’altro l’unico significato possibile. Impresa. Anzi, anche di più. Perché la qualificazione diventerebbe davvero storica per la Roma che, in Champions, non è mai riuscita a passare il turno dopo aver perso la gara d’andata all’Olimpico. E perché il Real non ha mai fatto cilecca, nella massima competizione continentale, partendo con il vantaggio del successo esterno. Spalletti non si è messo certo a guardare le statistiche (nelle coppe europee, dopo la vittoria esterna, nel 93,7% dei casi c’è stata la promozione), visto che gli arrivano addosso come raffiche di vento contrario. Qui lui ha già vinto, conquistando proprio i quarti il 5 marzo del 2008. E, avendo appena presentato il suo capolavoro in campionato con la rimonta in classifica, cercherà di firmarne subito un altro anche in Europa. La sua mano c’è, estroversa e autoritaria. La condizione psicofisica del gruppo giallorosso pure. Anche se il 2 a 0 del 17 febbraio condizionerà la sfida, il tentativo va comunque fatto, sapendo in partenza che la notte di Madrid potrebbe pure diventare lunghissima e da condividere con quasi 3000 tifosi.
RISCHIATUTTO – Se si pesa la qualità dei campioni del Real e della Roma, Zidane dovrebbe sentirsi al sicuro. Non avrà Benzema, ma Ronaldo da solo, come è successo all’Olimpico, spesso basta e avanza. Fischiato sabato al Bernabeu, ha replicato da straordinario finalizzatore con il poker che gli consente di essere pichichi della Liga, con 27 reti in 28 match (e in testa nella Scarpa d’oro). Sono 39 i suoi gol in 35 gare stagionali, 12 dei quali in Champions. Ma Zizou, almeno di questi tempi, sta messo peggio di Lucio. Il suo terzo posto non vale come quello del collega. Entrambi sono entrati in corsa nella stagione, a gennaio hanno preso rispettivamente il posto di Benitez e Garcia. Ma per il francese il titolo spagnolo è ormai andato, con il Barça lontano 12 punti. Il toscano, invece, ha già inquadrato nel mirino il Napoli secondo, avanti solo di 5 punti e da affrontare tra un mese e mezzo all’Olimpico, e da 7 partite sta addirittura viaggiando più forte della Juve capolista che ha 8 punti in più. A Zidane è rimasto solo l’obiettivo della Champions. Spalletti, invece, sta lavorando soprattutto per la Roma del futuro. La priorità va quindi al campionato, proprio per partecipare, stavolta dall’inizio, alla prossima edizione del più prestigioso torneo d’Europa. Il percorso tracciato da Lucio è chiaro: fare bene subito, nel presente. Per recitare da grande già domani. Nel bel bezzo della striscia positiva, esaltante per le prestazioni e nelle cifre, ecco la tappa di Madrid. Che fa, però, storia a sè. Colpa dei gol di Ronaldo e Jesè, sintesi del contropiede galactico, e anche degli errori dell’arbitro ceco Kralovec che negò 2 rigori su El Shaarawy e Florenzi. A Roma, per chi se lo fosse dimenticato, c’è stata partita. Aperta perché studiata bene da Spalletti. Che stasera non avrà Ruediger. Al suo posto il debuttante Zukanovic. Ma sarà il sistema di gioco a evidenziare l’atteggiamento scelto da Lucio per giocarsi al meglio le caratteristiche dei suoi interpreti. Il 4-3-1-2, con Keita vertice basso e Perotti alto nel rombo di palleggiatori che sta esaltando Pjanic, sembra l’assetto ideale per efficacia e solidità. Nainggolan, però, si è fermato nella rifinitura. Possibile il ritorno al 4-2-3-1, con Salah ed El Shaarawy esterni. Il centravanti sarà Dzeko, escluso nel primo match contro le merengues e nelle ultime 2 gare di campionato. All’Olimpico il 4-1-4-1 iniziale ha tenuto bene (con Vainqueur, qui in ballottaggio con El Shaarawy): l’equilibrio e il pressing sono fondamentali contro il Real, spietato quando riparte. E perché la difesa, in Champions, è stata spesso fragile e vulnerabile. La peggiore della prima fase (16 reti subite) e anche delle 16 squadre arrivate agli ottavi (18).